LOVE di Gaspar Noé (2015) Pene di pene

Il pene di Murphy è in fin dei conti un pene fortunello. A vedere il suo proprietario, un giovane senza nessuna specifica qualità, non si direbbe che così tante avventure abbiano scappellato il suo arnese da battaglia. Invece, questo viaggio a ritroso nella vita del pene di Murphy, è un susseguirsi di belle fanciulle al servizio dell’asta del protagonista. Anche se non si comprendono chiaramente le ragioni del successo sessuale di Murphy, ma tant'è: la sua asta circoncisa è circumnavigata abbondantemente da femminee morbidezze. Okay, Murphy ha la passione per il cinema (apprezzabili i suoi poster in cameretta), vorrebbe fare il regista e all'occasione si bea di essere un artista (diffidare sempre di chi si auto dà dell’artista) ma questo è sufficiente nel rendere credibile il suo accoppiarsi con qualsiasi gnocca a caso che gli capita sottotiro? È davvero questo bocconcino di maschio da non lasciarsi scappare a nessun costo? Tuttavia, giacché Murphy è un artista, il suo farsi di coca e il fumare oppio non possono che accrescere la sua aurea e la sua ispirazione artistica. Al suo animo tormentato (tipico degli artisti), Murphy accompagna una certa sensibilità romantica (anch’essa artistica). Non a caso quando lui dice qualcosa di mai sentito dire prima da nessuno a riguardo della sensibilità e dell’erotismo nonché della sessualità sentimentale, la femmina lì di passaggio – conosciuta da un minuto e mezzo circa – colpita da cotali brillanti, sensibili e incredibili parole d’artista reagisce calandosi subito le mutande per dargliela. Sì, hai ragione, il sesso quando si è innamorati è tutta un’altra cosa e quindi che ne dici se andiamo a scopare nei cessi visto che ci conosciamo da un minuto?
La verità (all'interno del mio discutibile punto di vista) è che questo Murphy è un ragazzino abbastanza stupido, senza arte né parte. L’unico aspetto intelligente della sua sensibilità d’artista è il suo pene, ossia il vero protagonista di Love. Solo quando vediamo il pene in azione ed erezione possiamo assaggiare un certo spessore, un certo dialogo sia erotico che intellettuale. Per il resto, Murphy sembra un tizio qualsiasi, in entrambe le sue fasi, cioè sia in quella senza baffi che in quella coi baffi. Noé cerca di vendercelo come un aspirante regista ma in confronto a lui Dawson Leery di Dawson's Creek è Stanley Kubrick. In tal senso la sua passione per il cinema o cose come il suo stupirsi (giustamente) a riguardo di chi non ha mai visto 2001: Odissea nello spazio, appaiono altamente fuori contesto. Murphy sembra troppo superficiale per poter apprezzare appieno i film che ostenta in forma di locandine, troppo immerso in sé stesso per interessarsi ad una mostra fotografica. Il concetto di amore per Murphy è tutto riassumibile in frasette pseudo-struggenti che puoi leggere scritte su qualsiasi banco di scuola superiore: mi manchi, non lasciarmi, sei l’amore della mia vita. L’amore di Murphy per la sua Electra non ha nulla di eccezionale, nulla di veramente struggente. E questo perché Murphy ci parla più che altro col cazzo. Non c’è nulla di viscerale nell'amore di Murphy per Electra, c’è solo un moto adolescenziale. Quel tipo di amore che solo i ragazzini possono vivere come “sublime” delegando tutta la responsabilità di una relazione all'atto sessuale. E in tal senso ha ragione de Sade quando dice che “Il pene è il percorso più breve tra due cuori”. Love più che una storia d’amore è la storia di un tizio che ha cambiato idea. Un tizio che vedendosi ormai incastrato in una famiglia ripensa al vero grande amore della sua vita. Love è la storia di un tizio che a colpi di cazzo cerca di convincersi che la donna della sua vita è quella più facile da idealizzare: cioè quella che non può avere. 
Mentre per quanto riguarda il sesso, più che il sesso sentimentale - tanto decantato da Murphy – si deve parlare di una estetica del sesso. Una estetica sì molto carina, molto apprezzabile come è apprezzabile la fotografia di Benoît Debie. Il resto però è il vuoto ove una sborrata in primo piano ha la baldanza di trascendere il corpo e arrivare all'anima ma alla fine è solo un pisello che tossisce. Nulla di scioccante o scandaloso, semplicemente un effetto. A riguardo, il 3D con il quale è stato poi presentato il film dovrebbe ben donde aver fatto la sua porca figura. Profondità di campo, profondità di pene. 3D, 3 dita in culo. Il tutto amplificato nella sensuale sequenza del ménage à trois. Una sequenza morbida, chiappale, linguale, vellutata ma incompleta. Incompleta per via del debole materiale di contorno. Senza una trama più credibile, senza un personaggio così scialbo, tutte quelle belle scene di sesso perdono di peso (o leggerezza) e diventano solo un esercizio fotografico. Neanche la vita da drogati dei protagonisti sembra una vita da drogati, eppure loro stessi ammettono le loro dipendenze. Dipendenze delle quali nei loro volti non si legge nulla. Sono tutti belli, ordinati, artistici e non si capisce neanche come facciano a campare. Va bene lo sperma ma dove è il sangue? Solo nell'estetica? Non è sufficiente e Nymph()maniac ne è la più vicina dimostrazione. Nel senso che nel filmone pazzesco di Lars von Trier al sesso e  all'estetica si accompagnano dei personaggi che sanguinano per davvero.  In Love invece abbiamo belle fighe che la danno con simpatia e un tizio pigramente tormentato. Piuttosto che sentire le sue struggenti introspezioni uno si va a leggere il canto del Ciclope dalle Metamorfosi di Ovidio, il tema è lo stesso ma raccontato meglio. E di certo se ai tormenti dell’amore infuriato del Ciclope l’Etna risponde rabbrividendo, alle urla di Murphy vien solo voglia di rispondere chiudendogli la porta in faccia. 

Insomma, Love non sarà un porno – e viene quasi da dire purtroppo – ma non è neanche un film erotico. L’occhio di Gaspar Noé - il cui sbatter le palpebre è pure carino - spia in modo autoreferenziale la vita sessuale dei suoi protagonisti, lasciando molto a margine la vita sentimentale. O meglio, lasciando che cotale vita sentimentale anneghi nella melassa inutile delle frasette alla “Non lasciarmi mai”, alla “Hai paura della morte?”, alla “Si vive solo una volta nella vita”, alla “Ho paura del dolore”, alla “Ti prego, ti prego, ti prego Dio, dimmi che lei sta bene”. Tutta questa vagonata di banalità sciorinate fino all’ultimo, verso un finale che non arriva mai giacché come nell’estenuante finale de Il Signore degli Anelli - Il ritorno del Re, anche Noé si barcamena coi finali multipli. Un’agonia praticamente interminabile. Fino all'ultimo lo spettatore deve trovarsi davanti il cazzo di Noé e di Murphy. E quindi Gaspar come il Gaspare de Il Cortegiano di Castiglione? Ossia, con Gaspar Noé il corpo femminile è messo a margine o utilizzato come mero contenitore di orgasmi. L’uomo, sempre a cazzo duro, è riflessivo e tormentato. La donna o è troia o è una stronza. Oppure è madre. Spazio famigliare che Murphy teme come il pisellino di un trans davanti alla faccia. Non c’è amore in Love, c’è solo molto egoismo e molta superficialità mascherata bene da immagini suggestive. Si potrebbe dire che Love è una commedia dei testicoli, giusto per parafrasare la Testicularia di Nevio. Un dramma testicolare, quello di Gaspar Noé, che è anni luce distante dall’ingegno e dalla sensibilità sul tema non solo dei poeti latini ma anche di un qualsiasi pornazzo di media fattura. 

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