IL SOSPETTO di Thomas Vinterberg (2012) La simpatica innocenza dei bimbi

Gran film. Per tante innumerevoli ragioni che in modo scomposto tenterò di esporre, inserendo (solo in questo caso) dei semi spoiler. Or dunque, se stai leggendo e non hai ancora visto il film meglio astenersi dalla lettura e recuperare ben donde il film. Le innumerevoli ragioni... La prima è l'interpretazione di Mads Mikkelsen (giustamente premiato a Cannes); per comprendere a pieno la sua bravura basta vedere le altre sue prove d'attore. Alcuni attori ripetono più o meno se stessi, con minute varianti, (quel gran figo di) Mads riesce a stravolgersi, riesce a diventare completamente un'altra persona. E in questo Il sospetto lui riesce a tirar fuori una genuinità, una compostezza, una sincerità oltremodo notevole. È un uomo mite ma non debole, vive nella sua piccola comunità. Integrato nel branco maschile di barbuti cacciatori e amato dai bambini che lui stesso ama. E sarà un amore, in forma bambinesca e pregnante (giacché in quella età le pulsioni maneggiano e costruiscono) a trascinare Lucas in un orrido e distruttivo pruneto sociale. Di per sé è curioso e forse anche significativo come il tutto parta da un dono rifiutato, il dono di una bambina – Klara - al suo maestro d'asilo. Un dono ed un contatto fisico che palesano problematiche che gli altri (a partire dai genitori di Klara) non riescono o non vogliono vedere. Certo, come scrive Jean-Luc Marion nel suo superclassico Dato che, “Ogni fenomenologia della donazione si espone a un rifiuto non di principio, ma derivante da sospetto”, vale a dire l'atto della donazione deve rimandare al dato e non alla donazione. Deve rifiutare l'idea di donazione e lasciare in luce solo quella del dono dato. Adamantino. O in parole ancora più spicce, contemplare il dono che non richiede interscambio ma solo donazione come dato poiché la reciprocità (lo scambio) nella donazione va a mutuare il concetto di dono in quello di economia. Non so bene cosa ho appena scritto ma mi sembrava sensato. Il dono di Klara, per quanto frutto di una certa purezza, per quanto apparentemente incondizionato richiede una condizione: l'accettazione del dono. Il dono rifiutato rende il maestro non soltanto un ingrato ma un nemico (scomponendo in questo singolo caso le argomentazioni del Marion di cui là sopra). “Il dono rifiutato resta ancora un dono in senso pieno; (...) si ritrova perduto”. Il dono perduto che permane nel rifiuto. Una amputazione alla quale Klara risponde con la vendetta. 
Okay, perdona davvero questa deriva sulla questione del dono ma giacché la donazione è fortemente legata alla comunità e giacché la comunità ne Il sospetto è l'esposizione di una esclusione... Insomma, le tematiche abbondano in questo film. Al rifiuto di Lucas, sopraggiunge quindi la vendetta di Klara e ad essa segue la meschina e cieca esclusione di un uomo; un animale fuori dal branco, oggetto ora di una caccia alle streghe (da cui il titolo originale, Jagten). Questo perché i bambini dicono sempre la verità, come gli ubriachi, anche se poi la verità è che nessuna delle due categorie dice necessariamente la verità. Figurarsi quindi un bambino ubriaco. Seguendo questa logica un bambino ubriaco dovrebbe essere tipo un asceta. Ho apprezzato assai il modo in cui Vinterberg tesse credibilmente... Si dice “tesse” nell'indicativo presente? Quale è poi il suo passato remoto? Va be’, ho apprezzato assai il modo in cui Vinterberg assembla finemente e senza sconti i tasselli che portano poi all'implosione. Dal “punta dritto al cielo” sbattuto in faccia alla bambina fino al colloquio chiarificatore con Klara, quello che sancirà la colpevolezza di Lucas. La sensazione che permane per tutto il film è quella di rabbia. Rabbia e angoscia. Una tensione che è partecipazione dello spettatore. Una empatia che quasi ti fa dire Sì! innanzi all'atto rabbioso, politicamente scorretto, del figlio di Lucas. Ti fa dire Sì! innanzi a quel volere di Lucas di riprendersi la sua spesa. Il diritto, violento se vogliamo, di esistere. La necessità di reagire col corpo ad una accusa corporea. Cedere alla metodologia del branco-comunità per non rimanerne vittima a vita. Tutto molto intenso.

In un certo qual modo speculare (e in antitesi) a Festen, Il sospetto è la documentazione spietata di una perdita. In primo luogo la perdita di una forma di innocenza in Klara. Bambina di genitori non presenti e possessivi in egual misura, sorella di un fratello idiota (e ambiguo), vittima di un disturbo ossessivo-compulsivo e vittima delle disattenzioni. Klara vittima come Lucas. Due persone divorate da una piccola comunità amente, disorientata nella caligine della provincia. Divisi e accomunati, Lucas e Klara si incontrano e comunicano sulla linea divisoria di una porta aperta. Soglia che solo un padre mancato (per Klara) come Lucas può aiutare ad oltrepassare, in quella che è una delle più belle sequenze del film. Il trovarsi da soli, il bisogno di spezzare una maledizione con un abbraccio nascosto agli altri, come la menzogna che ha infiammato il tutto. Contatto pacificatore che viene dopo quello sguardo in chiesa; sguardo da brividi nella sua espressività, nel suo gridare una innocenza. È lì, in quella superlativa sintesi, che la prova attoriale di Mikkelsen merita in pieno il premio di Cannes. Grande film e grande cinema. Te ne accorgi soprattutto a visione ultimata, quando resti in silenzio e aspetti. Lo rivedi in testa, lo analizzi, ci pensi, lo elabori e soprattutto lo applaudi seppur il finale va obiettivamente a smorzare sul nascere l'applauso. Un finale glaciale, che ammutolisce. Un finale coerente, un colpo che esplode e che ti fa sobbalzare riportandoti nel mondo reale, quello dove non basta cenare o bere insieme per cancellare l'infezione dei morsi degli animali a caccia. In conclusione, seppur divergente nella forma e nella sostanza ma ugualmente tematizzante (qualunque cosa questo voglia dire), consiglio il film Garage di Lenny Abrahamson. Mentre per quanto riguarda cervi (arcaico animale-guida) e Mads Mikkelsen si veda anche la serie Hannibal che di lì di cervi ce ne sono all’ingrosso. E in post scriptum, c'è da dire davvero brava la piccola Annika Wedderkopp, la sua Klara tra l'altro la proporrei agli MTV Movie Award per Best Villain. Una piccola e adorabile stronza. Ma non è neanche colpa sua. Di chi è invece la colpa per aver dato l’Oscar come miglior film a quella lagna incredibile e boriosa che è La grande bellezza a scapito di un film di ben altro livello come questo?

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