FLAKED di Will Arnett e Mark Chappell (2016) La serie meno consigliata tra le serie serie di serie

Ciao. È da molto tempo che non scrivo un qualcosa simile ad una recensione. Come forse sai ho la sadica tendenza a cancellare ogni cosa che faccio beandomi di una specie di sindrome da rocchetto. Hai presente quella storia di Freud sul nipotino che lancia il rocchetto e finge che non ci sia più ma poi lo riporta a sé? Ecco, per quanto mi riguarda sarà la terza volta che elimino un blog per crearne un altro fondamentalmente identico; per amor di coazione a ripetere. Ora sono nella fase rimettere nel nuovo blog cose del vecchio blog e quindi mi ritrovo con recensioni che parlano di contesti che non ci sono più. Il risultato è estraniante, a dirne bene. A dirne male è una merda. Inoltre il numero di visualizzazioni viene ogni volta azzerato e non è proprio un buon investimento ma soprattutto sembra anche un gesto maleducato nei confronti dei tuoi colleghi lettori. Gesù, appare davvero poco credibile leggere una non-recensione nella quale accenno a “Questo freddo inverno…” quando poi il post è stato pubblicato ad agosto. Ma non importa, tanto finirò per cancellare anche questo rocch… blog. Prima di farlo però vorrei dirti due cose due su Flaked. Flaked vuol dire coriandoli e non so bene perché questa serie tv targata Netflix si intitoli così. Guardando le otto puntate nelle quali si raccontano le vicissitudini di Chip, la prima cosa che ho pensato è che qui si riesce a narrare in modo convincente la vita di un alcolista. Non ci sono eccessi, appare tutto molto velato ma è questo sottinteso a sviluppare una sensazione. E la sensazione è che vi sia un problema e non un che di giocoso su una simpatica canaglia che ne fa di cotte e di crude. Questo mi ha fatto pensare a quando raccontavo delle mie esperienze alcoliche, la faccenda appariva perlopiù divertente. In pochissimi però riuscivano a leggervi il ritratto reale: non c’era nulla di divertente. Come sai mi sono messo un sacco di volte nei pasticci per colpa dell’alcol. Dalle persone che ti vogliono menare fuori dai bar (poco affini all'umorismo) alla patente che ti fa ciao come le caprette. Nottate a vagare qua e là, il vomito e la merda, i gesti sconsiderati e pericolosi, i postumi e l’angosciante sensazione di esser stato diverso. Piacer figlio d’affanno; gioia vana, ch’è frutto del passato timore, onde si scosse e paventò la morte chi la vita abborria. E nel vivere la quiete dopo la tempesta c’è, oltre al tuo, sempre lo sguardo dell’altro e per quanto tu possa sentirti arreso appari come l’ennesimo stronzo, l’insensibile, il pezzente. Tu vorresti spiegare ma hai mal di testa e il corpo è debole e quindi ti limiti al dilazionare. Certo ci sarebbe il bisogno di difendersi, di difendere l’indifendibile. Vorresti dire agli altri che tu eri ubriaco e loro erano sobri. Dire che ti hanno visto nudo e senza difese, lì dalla loro posizione privilegiata, quella della sobrietà. E quindi ecco i “Tu mi hai detto questo”, “Tu ti sei comportato così e non puoi negarlo”. Nessuno se non un altro alcolizzato come te può capire che quel Tu è invece un Altro. 
L’antico adagio in vino veritas andrebbe un attimo ridiscusso perché se no dovrem prender per buona anche un mogli e buoi dei paesi tuoi. Ma l’alcolista è un alcolista ed ha sempre torto. L‘unica cosa che può fare è chiedere scusa alla persona che gli sta davanti; quella che cerca di guardarti senza disgusto, la stessa persona che esercita con cura anche l’altro tipo di sguardo, quello che dice: “Ma avrà bevuto?” e tu te lo senti dentro quello sguardo, lo senti come uno scarafaggio che sta per esser schiacciato dall'orrore del sobrio. Quel sobrio che ti squadra con disprezzo senza prendersi neanche la briga di pensare al perché stai bevendo. “Cosa c’è che non va?” sarebbe una bella alternativa al “Ma che cazzo, sei nuovamente ubriaco!”. Or bene, in Flaked la questione è affrontata decentemente. Ad un certo punto un personaggio nota come nessuno sa scusarsi meglio di un alcolizzato e che proprio per questo è meglio non fidarsi dell’ennesima scusa. In un altro momento Chip parlando delle conseguenze delle sue sbronze dice alla sua interlocutrice “L’alcolizzato, non sono io. È un’altra persona”. Vi è una liberatoria verità in questi passaggi. C’è un qualcosa di vero che porta questa serie ad essere un sottile e fedele ritratto di un problema. Non stupisce or dunque il sapere che Will Arnett (Arrested Development, BoJack Horseman, il Batman della Lego), co-scrittore della serie, ha infilato qua e là elementi biografici. Come informa un articolo su Hollywood Reporter, non è stato un caso se il primo giorno di riprese di Flaked è coinciso con il 15° anniversario della sobrietà di Will Arnett. Peccato che poi Flaked abbia ricevuto commenti non proprio esaltanti. Cose tipo, c’è più calore in una banana surgelata che in Flaked. Flaked è come un brodo di pollo senza sale *. Oppure altre opinioni quali: la confusione suggerisce forse che Flaked è un mistero esistenziale privo di commedia **. Sai, in fin dei conti non mi viene da dire che questi commenti siano scorretti. Questa serie tv su di un ex alcolista dal nome ornitologico quale Chip è sì decisamente poco appassionante. Non vi sono cosucce alle quali legarsi. La sigla di apertura fa schifo, i protagonisti non sono sempre simpatici (a me Dennis, l’amico di Chip, è stato sulle palle almeno fino ai penultimi episodi), non si imbandiscono siparietti irresistibili, non si capisce bene la storia del Free Coffee. Prevale l’immobilità, l’apatia e quel fastidiosissimo sole di Venice che sbuca sempre alle spalle della California più hipster. Eppure c’è in me un MA grosso come una dependance a riguardo di Flaked ed è legato all'alcol e allo stare male.
Come scrive l’Aristotele di La “melanconia” dell’uomo di genio: il vino e la natura determinano il carattere di ognuno. Aristotele (o chi per lui in questo caso) va poi a discettare di aria e flatulenze ma rimaniamo sul succo della faccenda: il non sentirsi in pace con il mondo. Tutti stiamo di merda e purtroppo vi sono individui che tendono a seppellire lo stare male ubriacandosi senza ritegno. Da poco mi è capitato di parlarne con Andrea Appino, il cantante degli Zen Circus. Non ricordo i crismi precisi, tuttavia ricordo opinioni comuni in una nottata ottenebrata dall’alcol. Ci siamo salutati con un abbraccio, tipo vecchi amici che non si rivedevano da anni, ed io ho proseguito per la mia via alcolica pensando a quanto Appino fosse una bella persona, altro che l’alcolizzato che sta scrivendo qui. Mi sono imbattuto quindi in un barista davvero simpatico, un altro estraneo con il quale sono entrato subito in confidenza meglio di un non estraneo. Anche con lui, con questo salutare barista, si è parlato inevitabilmente di Essere e Alcol, bevendo una sambuca alle cinque del mattino. Mi rendo però conto che questa mia piccola parentesi non c’entra una mazza con quanto stavo scrivendo e quindi è da considerarsi en passant. In Flaked non vedrai storie di alcolizzati che si alcolizzano, vedrai però come il contesto alcolico sia carico di verità. Nel senso che si parla decentemente del problema dell’alcolismo senza quasi mai mostrarlo. Be’, questa cosa qui mi è piaciuta molto.
Il tema dell’alcol è sempre presente nelle vicende dei personaggi ma non è sventolato come una bandiera padana. Né con divertentissimi momenti di baldoria né con struggenti situazioni autolesioniste. L’alcol c’è, ci sono le menzogne, c’è il nascondersi, c’è il sotterfugio e l’egoismo e c’è soprattutto un alone di irrimediabile disperazione. Sì, proprio una serie tv per una serata tutta pazzerella vero? Stando a guardare le accoglienze non sembra che potrà mai esserci una seconda stagione. Anche se io spero di sì. Non so neanche bene se tu vorrai buttarci un occhio. A dirla tutta non mi sento di consigliartela. Potresti guardarla pensando un qualcosa del tipo: ma qui non sta succedendo nulla. È vero. Te ne darò ragione. Però è anche ragionevole per me il pensare che Flaked racconti silenziosamente l’anomalia. Un tipo un pochetto misogino come Lévinas potrebbe vedere in Flaked l’apparire di quello che lui chiama il Terzo. Ove qui, nella serie di Netflix, il Terzo è l’alcolismo. Il Terzo come protezione e come invasione violenta. Il Terzo, per Lévinas, è il terzo che nella relazione tra due chiama alla giustizia proprio per regolamentare il faccia a faccia tra i due. Un terzo che poi, paradossalmente, scivola egli stesso nella violenza. L’alcol, la sua malata ricerca, è questo. Ci sei tu, c’è il mondo, c’è la necessità di un terzo stadio per guardare ad entrambi. E il terzo stadio esercita violenza o – per dirla alla Derrida - spergiuro. Tra le tre opzioni, a onor del vero, non c’è una soluzione davvero ragionevole. Sono tutte e tre inaffidabili. Da qui poi quello che potrebbe essere il significato della parola flaked nonché il titolo di questa serie che non ti consiglio ma che ti consiglio in egual misura. Pur tu ben sapendo che io sono oltre che inaffidabile anche inconcludente. 

(Se proprio vuoi esagerare mi trovi anche qui: https://www.taxidrivers.it/94688/approfondimenti/piu-un-dramma-interiore-che-una-commedia-flaked-serie-netflix-arrivata-alla-seconda-stagione-acquista-in-solidita-e-disperazione.html)

*http://www.pajiba.com/netflix_movies_and_tv/netflixs-flaked-reviewed-theres-a-reason-no-one-is-talking-about-will-arnetts-new-tv-series.php    

**http://www.hollywoodreporter.com/review/flaked-tv-review-873958

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