ANIMALI NOTTURNI di Tom Ford (2016) Doppio sogno

C’è molta violenza nel mondo, ne convieni? A partire da quella più eclatante fino a scendere a quella più rarefatta. C’è violenza nei rapporti di coppia. Non credo che vi siano persone destinate a stare insieme, ci sono troppi confini, molte linee che si traversano senza mai veramente unirsi. Unirsi. Vogliamo parlare della versione corporea dell’unirsi? Anche il sesso ha la sua componente violenta. Basti solo immaginare un inutile pene che si addentra con nerborute spinte all’interno di una vagina. Ci entra e ci esce. Come se fossero una serie di coltellate, come se si esorcizzasse l’esercizio al nuocere. Il piacere non lo rende certo meno ambiguo, anzi. Il piacere è come un anestetico per sopportare, tollerare, uno scontro tra corpi ansimanti. Oddio, in realtà non ne so molto a riguardo della violenza. In tutta la mia demenziale esistenza ho dato solo un pugno, ed ero un bambino. Negli anni poi mi è capitato di prenderle, per i motivi più stupidi. Quelli da bar e da gente ubriaca. Ma anche in quel caso non è accaduto mai nulla di veramente irreparabile. Non posso certo negare che non vada a cercarmele, e solitamente ciò accade per una carenza di sense of humour da parte del mio destinatario. O della mia destinataria: ne ho prese anche dalle donne. Ricordo una micidiale borsettata sull’orecchio. Disturbato dall’atteggiamento di una fanciulla le avevo sussurrato qualcosa e lei non l’aveva presa bene. In ogni caso ho sempre trovato insopportabile questo reagire con le mani ad uno scontro verbale. Mi dà un po’ sui nervi. In tempi recenti l’elemento violento si è ripresentato con una certa puntualità. Ho avuto il mio stalker. Anche se in realtà definirlo stalker l’ho sempre trovato così inappropriato. È stato un individuo di specie maschile che più volte mi ha colpito o ha cercato di farlo. Mi ha danneggiato la macchina, ha picchiato contro la porta di casa mia, ha picchiato contro la mia faccia. Non è stato piacevole. Nel senso che l’aspetto poco piacevole non sono stati i danni fisici ma quelli che restano invisibili; l’esito del disastrare. Nell’algoritmo che lui ha delineato manca totalmente la mia variabile. Ed in qualche modo questa cosa permane. Cosa permane? Permane l’idea che io non abbia fatto niente per difendermi, permane l’inevaso. Altri al posto mio l’avrebbero preso e massacrato di pugni. Io non l’ho fatto e ai suoi occhi questo appare sicuramente come una vittoria. Ed io gli appaio debole. Non a caso più volte si è sentito in dovere di esternare questo suo vigore maschile. La forza delle sue ragioni e la sconfitta delle mie. Questo perché lui non si è fatto scrupoli nel cercare, per quanto possibile, di danneggiarmi.
Oltre al fattore maschile (e quindi sessualmente da branco) ad un certo punto ha anche iniziato a vagliare il mio intelletto. La sua frase preferita ultimamente è questa: “Io sono più intelligente di te”. Anche se in modo malsano, c’è qualcosa che mi affascina in tutto ciò: il vigore, il potere dell’uso della violenza che assimila quello della mente. La nota positiva è che nonostante la sua superiorità intellettiva è riuscito a farsi condannare giacché io poi l’ho denunciato. Mi ha sputato, mi ha preso a pugni, mi ha insultato reggendosi su questioni razziali e genitoriali, mi ha distrutto il telefono (dopo aver con cura letto i miei sms). Si appostava, si nascondeva in attesa e poi compariva. Prestando fede probabilmente alla sicurezza di una impunibilità. Ma, come detto, è stato condannato. Da quel che ho capito ha avuto poi un periodo di rivelazione mistica, il suo negazionismo dei campi di concentramento nazisti ha ceduto il posto al disegno ultrasensibile. Eventi recenti testimoniano che in realtà non è cambiato più di tanto. Non che questo cambiamento debba riscattarlo in qualche modo. Come detto, le cose non cambiano e rimane quell’idea di non aver fatto nulla. Sai quale è un’altra cosa bizzarra, il pensare che potrei provare una certa soddisfazione nel fargli del male. Solo che così finirei per essere come lui. Inoltre nella colluttazione io non posso che vederci una sottotrama sessuale. Non ci stiamo accoppiando ma ci stiamo comunque toccando, ho segni di te nelle mie mani. C’è il mio sangue ed il tuo che si uniscono. C’è l’ansimare. Ci stiamo picchiando ma stiamo anche, in qualche modo, facendo sesso. E l’idea di avere un rapporto sessuale con lui non mi fa proprio impazzire. L’unico modo che ho per fargli del male e non fargli niente. Ti sembra una cosa sensata? La questione del “risolverla da uomini” con me non attacca. Il duello. Non sono un maschio alfa, ho pure il pisello un po’ storto, seppur malleabile e robusto. Faccio schifo come creatura maschile che prende in mano la situazione e la risolve alla vecchia maniera; sono un illepido passante. Mi puoi solo trovare su qualche gradino mentre mi scolo un paio di bottiglie di birra; altro che vendetta barbaricina. Potrei finir facilmente malmenato pure da un’orda di tenerissimi gattini. Da dire che anche il mio stalker alla fine fa quasi tenerezza a vederlo, come un bimbo arrabbiato col mondo, e col sottoscritto. Così desideroso di toccarmi, anche se il coito vorrei evitarlo. Come tutti, sono contro la violenza, specialmente se indirizzata su di me. Detto ciò, come pensi che possa aver vissuto gli Animali notturni di Tom Ford? [E questo sì che si chiama prenderla alla larga]
Molto bene perché subito dopo la visione non sono andato in giro a reclamar vendetta ma mi sono lasciato coccolare da una convulsa serie di riflessioni. La prima è che questo film è suggestivo. Per qualche ragione ero pronto ad accoglierlo come il tipico prodotto troppo acclamato; ero già pronto a deriderne l’estetica patinata e il manierismo. E infatti le primissime immagini già mi han incurvato un sorrisino con su scritto “Eh, lo sapevo. Il bel quadretto, il compitino ben fatto”. Ma poi… Dopo i primi secondi nei quali ho pensato quel Mioddio no! Sorrentino no!, il secondo film di Tom Ford mi ha preso e trascinato letteralmente nei suoi meravigliosi sviluppi. Animali notturni è una immersione fatta con tutti i crismi e per questo è una discesa dolorosa in quel simpatico vortice che è la coppia. È una metafora profonda e dannatamente a fuoco di una elaborazione. L’elaborazione di una perdita, le sue conseguenze morali ma anche artistiche. Già perché al centro della sua nera struttura l’unica nota che forse può chiamare un lucido riscatto è quella dettata dall’arte. Da una parte l’estetica antiestetica promossa dalla gallerista Susan (Amy Adams) e dall’altra il racconto sempre più tenebroso e soffocante di Edward (Jake Gyllenhaal). L’arte come annullamento e come difesa, se non come vera e propria arma. Già da solo questo tema fa volare il film in cima. Dico, l’idea di fondo non è davvero fica? Parlare di libri al cinema non è facilissimo, qui invece il discorso ha un senso ottimamente esplicitato. Si parla di libri (cioè di un libro) e si discute sul cosa o sul come si possa scrivere. Per dire, si può scrivere senza scrivere di sé stessi? Personalmente credo di sì, al di là di quello che farfuglio qui ovviamente. Anche un tipo come Ovidio sarebbe d’accordo. La creatività deve instaurare un rapporto, non essere a senso unico. Quando questo non accade il nostro Ovidio va in crisi: “il mio cuore è viziato dal fango dei miei mali e i versi fluiscono con una vena più povera”. Non dico che il film parli di tutto ciò in modo dettagliato, sono frammenti. Ma soprattutto è nell’insieme che Animali notturni è anche un discorso sul creare. In fin dei conti non assistiamo alla creazione di una creazione?
Assai sensato poi che a ciò prenda mano Tom Ford, uno stilista. L’ironia del tutto è concentrata in parole come “Goditi la magica assurdità del nostro mondo perché credimi, il nostro mondo è molto meno doloroso di quello reale”. Susan quindi in che mondo non reale sta? È tutto finto attorno a lei e quindi tutto così artistico. La bruttezza, il reale, categorie sfruttate ad arte per l’arte. Come si evince dalle primissime immagini. La comodità di una vita agiata, raffinata, elegante; una vita articolata a scapito della verità, in ogni sua declinazione. Nel fascino discreto della borghesia, il mondo reale è configurato come fenomeno artistico da baraccone. I fatti alla fin fine, quelli nudi e crudi, sono dipanati nella vicenda texana di Edward. Lì, un luogo allegorico e di riscatto. L’unico luogo in grado di dar merito ad Edward sia del suo valore come scrittore sia dei suoi sentimenti nei confronti di Susan. I torti di ciascuno, di Edward e di Susan, trovano in Texas l’esasperazione. Lui aggrappato in quella condizione mal vista da Susan (e avversa con più ferocia dalla madre di lei), quella di “sensibile e romantico buono a nulla”. Il grand’uomo umiliato e incapace di agire lì dove sarebbe stato necessario. Una ammissione di colpa quindi ma anche, poi, un metter in evidenza le colpe (ancora più tragiche) di lei. Quella Susan che col tempo verrà come fagocitata da sé stessa, proseguendo in una esistenza congelata e senza (questa volta di lei) reazioni. Un passività abbiente, ma pur sempre una passività. Il romanzo di Edward fungerà da cupa terapia per entrambi. Un itinerario introspettivo che darà vita ai loro errori e ai propri inquietanti spettri; in una significativa scena (no spoiler), lo spettro della colpa irromperà anche oltre le pagine del libro.

Vorrei or ora scrivere qualcosa di più decente a proposito di Animali notturni ma non ne sono francamente in grado. O comunque non scriverei nulla di nuovo rispetto a quello che puoi trovare qua e là in rete. È un film molto significativo, si è capito. Ed è molto bello per il modo originale (non ho letto il romanzo da cui è tratto) che ha di allestire un’allegoria che riguarda sicuramente molti di noi. Chi più chi meno, abbiamo tutti avuto esperienze di coppia. In linea di massima nulla di così portato all’estremo come nel film di Ford ma, nel nostro piccolo, l’aspetto drammatico c’era. Insomma, quante volte hai sentito la frase “Non siamo fatti l’una per l’altro”? E quante volte abbiamo sentito anche: “Cerchiamo una soluzione insieme, non buttiamo tutto all’aria”. Animali notturni è quello che accade nel corto circuito tra queste due frasi. Ed è sovente la fregatura insita in tutti i rapporti, soprattutto quelli più vincolanti. Animali notturni è anche la forma un filino più elaborata di quei messaggi che a volte troviamo sulle pareti delle nostre belle città. Quelle che cercano di svelenire, di affidare la frustrazione di una relazione finita ad una passata di bombola spray. Ma in fondo non tutti sono scrittori, io ad esempio non lo sono. Riesco a malapena a buttar giù codeste righe. Ognuno ha il suo modo di lamentare i sensi di colpa, la rabbia, la perdita d’animo. Vedi ad esempio il mio piccolo stalker. Come suggerito, sentivo assai vicino il personaggio di Edward. Sentivo far parte di me quel suo vivere l’immobilità e il veder vincere l’arroganza e la violenza. Gli eventi precipitano in fretta e non sai quale sia la scelta migliore da farsi. Devo aspettare? Devo reagire? Come devo reagire? Mi sono sentito un po’ l’Edward della situazione e quel territorio aspro era il luogo perfetto per raccontare una intrusione. Strade infinite, la polizia che magari ti ignora, la colpa dell’attendere che tutto si sistemi per il meglio. Insomma, Animali notturni, grandissimo film. Diretto benissimo (l’estetica al servizio del film e non sul film), montato in un modo impeccabile (cosa fondamentale per un soggetto come questo), interpretato alla grande. Amy Adams al suo meglio nonostante la passività, Jake Gyllenhaal assai dolente, Isla Fisher (non si poteva scegliere variante migliore della Adams) e Armie Hammer perfetti in quel che dovevano esprimere, Michael Shannon grandioso come sempre. E su tutti un sorprendente Aaron Taylor-Johnson; ho realizzato solo a fine film chi fosse, tanto era ottimamente mimetizzato. Notevole, così come è notevole la sua idea dell’organizzazione dei sanitari. Li vorrei anche io così. Or dunque, pare che questo tragico 2016 stia, sul finire, sparando le sue cartucce migliori. Cinematograficamente parlando. Nell’attesa di vedere il resto, non posso che indicare Animali notturni come uno tra i film più riusciti dell’anno. Già, perché se un film riesce a scuoterti, ad acchiapparti e a tirarti dentro, a farti sentire in una apnea che pungola sempre di più, riesce a metterti addosso dubbi e ragionamenti di ogni sorta, be’ questo non può che essere un grande, sentitissimo, film. Dalla prima all’ultima (per me ottima) sequenza.

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