STAR WARS: EPISODIO VI - IL RITORNO DELLO JEDI di Richard Marquand (1983) Un lontano cugino spaziale


Per alcuni questo capitolo rappresenta la degna conclusione di una saga mitica. Per me è forse quanto di peggio si poteva umanamente concepire per appiattire l’ottimo lavoro fatto precedentemente. Se questa (non) recensione l’avessi scritta ad undici anni probabilmente avrei esordito dicendo che Il ritorno dello Jedi è l’episodio più bello di tutti. Ma c’è anche da capirlo. Non sono mai stato una persona particolarmente intelligente e l’abbondanza sventolatami sul naso potrebbe ben donde soddisfare la mia bocca buona. Nei pochi momenti di lucidità potrei invece riconoscere con fermezza quanto sto blaterando ora, ossia che cotale capitolo conclusivo è una accozzaglia di cose buttate un po’ alla rinfusa. Ci vuole davvero un grosso sforzo diegetico nonché un grande affetto nei confronti di Star Wars per non parlare esageratamente male di questo film. Sarebbe forse più corretto da parte mia tornare ad aggrapparmi ai ricordi d’infanzia nonché alle sensazioni. Quindi ecco quel me bambino che passa tutta la giornata pensando che stasera in tv daranno Il ritorno dello Jedi. Cazzo, sono contentissimo. Questo episodio – più degli altri – mi trasmette un senso di feticistico calore. Abbiamo una miriade di bei pupazzetti, c’è l’azione, c’è la simpatia e la tenerezza degli Ewoks, c’è Jabbone the Hutt che sbava e slinguazza, ci sono due super cattivoni, c’è la principessa Leila che appare più nuda che vestita. C’è tutto. Ci manca giusto giusto Jareth, il re dei Goblin, che canta Magic Dance e siamo a posto. Il mio me adulto purtroppo la pensa diversamente: i film porno in VHS hanno forti limiti e il film Il ritorno dello Jedi è troppo grottesco. Al limite del weird. 
Se L’Impero colpisce ancora visto oggi colpisce ancora e se Una nuova speranza rimane un cult assoluto nella sua ingenuità, questo capitolo conclusivo appare noiosamente fanciullesco. Così infantile che in confronto Masha e Orso sfiorano l’hardcore e Frozen appare come un dramma allegorico di Tengiz Evgen'evič Abuladze. Cosa avviene di così sfrontatamente errato? Con la seconda trilogia (quella con Ewan McGregor) abbiamo avuto due episodi deboli che ci hanno portato ad un terzo forte. Con la vecchia trilogia (quella con Mark Hamill) abbiamo al contrario avuto due episodi forti che han portato ad un terzo debole. Molto debole. Da un punto di vista schematico o hegeliano la faccenda può anche avere un senso, un’equazione calzante, ma dal punto di vista cinematografico no. Su Il ritorno dello Jedi pesano a parer mio molteplici falle. La più ingombrante è la superficialità nella scrittura e quindi l’aver ridimensionato i vari personaggi; uno su tutti Han Solo. Quello che vediamo in questo film di Richard Marquand è un Harrison Ford oltremodo spento, costretto a trascinarsi dietro come meglio può il cadavere di Han Solo. Pare proprio che il baldanzoso Han sia rimasto imbalsamato nella grafite. Han non ha più la mirabile strafottenza di prima. Più che guidare gli eventi è costretto ad inseguirli, e questa volta non ha neppure il suo Millennium Falcon. La conferma che ormai i tempi sono cambiati è il suo dire a Leila “Ti amo” e sentirsi rispondere “Lo so”. Per non parlare di quando fa lo scherzetto allo stormtrooper tamburellandogli la spalla. Di per sé è anche una cosa buffa ma, sommando quella scena a tutto il resto, non si fa altro che amplificare il ruolo a margine dato ad un personaggio che francamente si sarebbe meritato una uscita di scena più alla Han Solo. 
Parlando sempre di uscite di scena, un trattamento se possibile peggiore è riservato a Boba Fett. (SPOILER) Boba Fett ci lascia grazie ad un accecato Han Solo che agitandosi come una pallina rimbalzina va ad accendergli i razzi. Un rozzo colpo ai razzi. Una variante al carpentiere che girandosi con la tavola di legno tra le mani va a colpire sbadatamente il malcapitato lì intorno. Una gag molto simpatica se siamo all’interno di un film dei fratelli Marx ma un tantino fuori luogo se ad attuare cotale siparietto sono Boba Fett e Han Solo. Pare che Lucas ignorasse quanto Boba Fett fosse diventato fico agli occhi dei fan e che, a saperlo prima, gli avrebbe scritto una morte meno idiota. Per fortuna il cacciatore di taglie è stato poi resuscitato abilmente da Tom Veitch nel suo L'ombra dell'impero, strappandolo con un vigoroso abbraccio dallo stomaco del terribile Sarlacc. E la principessa Leila? Be', lo sanno tutti che il suo costumino ha fatto storia. Non da molto è stato oltremodo venduto per la modica cifra di 96 mila dollari. Mica pizza e fichi. E sì, lei era molto fica lì dentro. Il mio me bambino però non riusciva a vederla sexy, per via di un legame ormai molto parentale che si era creato tra noi due. Un legame pari solo a quello con Cristina D'Avena, per intenderci. Farmi una pugnettina pensando alla principessa Leila in bikini sarebbe stato pressoché incestuoso. Tuttavia apprezzavo. 
Tolto quel costumino super cult e tolto il momento asfissiofilia con Jabba the Hutt, anche il personaggio di Leila (che già prima non è che brillasse di una spiccata personalità) si ritrova in balia di siparietti sentimentali imbarazzanti e poco credibili. Più che la principessa Leila sembra “una tizia capitata lì”, una il cui compito primario è legarsi o sciogliersi i capelli a seconda delle fasi lunari. Quindi non ci resta che confidare in Luke Skywalker ed in suo padre Darth Vader e nel loro epico confronto che si può e si deve assolutamente riassumere nelle parole di Mary dei Gemelli Diversi: “Quella bestia non è mio papà”. Invece sì, caro Luke, Vader è tuo padre. Ma per meglio afferrare cotale passaggio edipico, ripercorriamo in un attimo con un arabesque e un fouettés en tournant i topoi erotici. Sappiamo bene come tutto ha avuto inizio. Lì, quando Luke contempla il tramonto sul suo pianeta natale, Tatooine. In quello scrutare oltre troviamo la radice del “viaggio universale dell’eroe che lascia una certa situazione per trovare la sorgente della vita”, verso un’esistenza di completezza e maturità. Un topos che noi tutti belli e brutti, grassi e magri, viviamo già nei “rituali di pubertà o iniziazione”. Quando “il bambino è costretto ad abbandonare l’infanzia per diventare adulto, a sopprimere personalità e psicologia infantili per rinascere come individuo responsabile”. L’imprescindibile e fondamentale trasformazione che ognuno di noi è destinato a vivere nonché ad affrontare. Anche senza essere degli Jedi. 
Come il temerario Luke, per “superare questa condizione di immaturità psicologica e assumere una coraggiosa e responsabile sicurezza di sé, bisogna morire e resuscitare. È il motivo base del viaggio universale dell’eroe”. Non lo dico io ma lo ribadisce Joseph Campbell ne Il potere del mito. Campbell, ossia uno di quelli che ha contribuito con i suoi scritti ad alimentare la fantasia stellare di Lucas. Non a caso Joseph Campbell era stato invitato da George Lucas stesso al ranch Skywalker per una visione domestica della trilogia originale. Il saggista americano ne rimase assai affascinato, a tal punto dal sostenere che Lucas aveva “dato il più nuovo e più potente impulso” alla figura dell’eroe. Lucas, aggiornando un concetto del Faust di Goethe, aveva indicato i limiti della tecnologia e della fiducia su di essa evidenziando l’importanza dell’intuizione. Come dice Campbell, “Luke Skywalker non fu mai tanto razionale come quando scoprì in sé stesso le risorse necessarie ad affrontare il proprio destino”. E il destino di Luke si compie con suo padre e cioè si compie con Il ritorno dello Jedi. Abbiamo quindi un film eccessivamente infantile che affronta un tema adulto. La struttura scricchiola. Sì, perché l’infantilismo di questo terzo capitolo è molto marcato e in certi punti siamo ad un passo dal trash. Non c’è quell'equilibrio tra il comico e il serio che era presente ne L’Impero colpisce ancora. Il ritorno dello Jedi è come se fosse stato scritto da Jar Jar Binks. Una formula oltremodo schizoide che va ad impoverire i momenti drammatici. 

Tuttavia, per nostra fortuna, il confronto tra le ragioni genetiche e quelle degli ideali e della morale sono così pregnanti che non tutto finisce a gambe all’aria come Palpatine. C’è comunque del buono. Il conflitto insito in Luke e nella sua vicenda non perdono totalmente di forza. La storia non implode, resiste persino alle ingenuità dei suoi ideatori. Ecco quindi Luke e la sua rabbia che si accende, dirompente. Ed eccolo dominatore dei sentimenti che viceversa avevano trascinato Anakin al lato oscuro. Luke che salva Anakin è come Enea che porta in salvo il padre Anchise issandolo sulle sue spalle. Per il rotto della cuffia Il ritorno dello Jedi si salva dal totale disastro. Generalmente i fan si accaniscono sui pelosi Ewoks ma io credo bensì che il problema non siano loro ma il film. E, a dirla tutta, a me gli Ewoks son sempre piaciuti. Sì, hai sentito bene: mi piacciono quei simpatici orsetti. Non sono loro il problema. Il problema è la sgangherata scrittura del film. Oltretutto, come se non bastasse è pure subentrata la special edition con quelle aggiunte in CGI altamente penose. No, non possiamo fare degli Ewoks un capro espiatorio. E vuoi sentirla tutta? È da anni che nella tasca della mia giacca tengo una figurina che ritrae Salacius Crumb. Più volte mi è capitato di mostrarla ad individui capitati nel mio vivere sociale, spacciandolo per un mio lontano cugino. E forse lo è, un mio lontano cugino spaziale. Ad ogni modo, per quanto rappresenti un enorme passo indietro, Il ritorno dello Jedi non ha minimamente intaccato il fascino di Star Wars. Paradossalmente ha contribuito ad alimentarlo. La Forza or bene continua ad essere forte. Il lato oscuro, i Jedi continuano ad essere reali. Nel senso che continuano a nutrire la realtà del nostro universo fantastico ad un livello tale che il riprendere per l’ennesima volta la visione della saga di Guerre Stellari (nel prepararsi alla nuova trilogia) non viene a noia. Anzi. È sempre un dannatissimo piacere, a tal punto che io mi riguarderei di nuovo tutti gli episodi. Per chi non ha tempo da perdere ma vuole ugualmente arrivare preparato al nuovo corso di Guerre Stellari rimando qui. E per l’appunto, resta adesso da capire come il tutto proseguirà. Riuscirà J. J. Abrams a riportarci in quella galassia lontana lontana? Il suono delle spade laser, lo spazio attraversato alla velocità della luce dal Millennium Falcon, i bib di R2-D2 torneranno ad essere per come li abbiamo sentiti e visti fino ad ora? La magia si ripeterà? Per scoprirlo è sufficiente inoltrarsi ne Il risveglio della Forza, BB-8 rotola allegro verso di noi. Lasciamolo entrare.

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