ZOMBIE ASS: TOILET OF THE DEAD di Noboru Iguchi (2011) Benvenuti a Merdland
In breve. Se di per sé avere a che fare con gli zombie non deve essere proprio entusiasmante, figurarsi come può essere oltremodo difficile la vita se ci si imbatte in zombie che colpiscono e affondano con il deretano e con tutte le sue potenziali e micidiali armi. Peti stordenti, insidiose cacche volanti, minacciosi parassiti intestinali, debilitanti attacchi di diarrea. Coprofagia portami via. Dopo una minuta introduzione il film ci propone un delizioso filmato d'accompagnamento ai titoli di apertura. Un viaggio intestinale coreografato da una signorina sculettante, al ritmo di un sound anni '70. Subito dopo, fuor di colon, la storia prende forma. Megumi (Arisa Nakamura), abile karateka, è in gita con un gruppetto di coetanei. Gita di piacere ma non solo. Sono infatti in cerca di parassiti dietetici per l'ambiziosa Maki (la morbidosa Asana Mamoru), giovane donna che vuol far del suo corpo uno strumento di successo. Qualcosa va storto e il gruppo si ritrova in un piccolo villaggio apparentemente abbandonato. L’unica cosa da fare è recarsi in bagno ma come si deduce dal titolo, l'uso di un gabinetto può risultare fatale. In balia di edaci morti viventi (e caganti), partoriti da una colluvie di provincia il mistero si farà fitto e maleodorante. Cosa è successo in quel villaggio? Megumi, con un drammatico passato ancora da elaborare si ritroverà ad essere l'abile leader di giovani in preda all'orrore fecale.
Meno riuscito, per quanto mi riguarda, di The Machine Girl, in questo Zombie Ass: Toilet of the Dead il buon Noboru Iguchi si astiene dal dare - pur nel trash andante - una qualche forma dionisiaca. Pur nel gran potenziale a livello di soggetto, il livello del film ad eccezione di guizzi (schizzi) trash-genialoidi manca di un vero e proprio salto di qualità. Pecca e peta nello sviluppo narrativo e si rifugia nella ripetitività. Certo, a ben pensare, quanto dico potrebbe (e magari lo è) sembrare paradossale. Vale a dire, se un film è trash è trash perché è trash. Ma non dico che dobbiamo assistere a bergmanismi di sorta o di scorta... Non lo so, sarebbe più figo vedere un film brillantemente assurdo sì, ma sorretto da una storia meno labile. Detto questo (credo anche di essermi spiegato malissimo), Zombie Ass: Toilet of the Dead non è certo un film da buttare nel cesso. Anzi. A dispetto di quanto detto a me è piaciuto. Mi è piaciuto perché è fondamentalmente divertente. Un perenne What the fuck?! accompagnato da una colonna sonora squisitamente retrò (e il retrò qui ci casca a pennello) e da recitazioni simpaticamente da cartone animato. Senza dimenticare gli effetti speciali; dai claudicanti ma efficaci effetti digitali ai più riusciti effetti artigianali con la cara e vecchia gomma. Il tutto ammantato da una regia cool che sa il fatto suo. Una regia che alterna momenti di necessaria ruvidezza a momenti di brillantissima cura. Un discernimento registico che trova il suo acme nell'elevato nonché maleodorante finale.
Banalmente, sarebbe facile liquidare questo film bollandolo come film di merda. Non lo è. C'è dell'onestà cinematografica alla base. Tralasciando le forse colpevoli allitterazioni, Zombie Ass: Toilet of the Dead è un prodotto dignitoso. Un film per essere brutto deve avere altri difetti. Noboru Iguchi è lineare, onesto. E il suo film, pur navigando nei fumi delle flatulenze, non è volgare. Si può fare un film di scoregge ed evacuazioni senza cadere nella volgarità? Certo che sì. La volgarità e la bruttezza risiedono in ben altri film e faccende. E giusto per cagare un po' fuori, aggiungerei che in cotale film di Iguchi è oltremodo palese il Verwindung di Heidegger, in tutte le sue forme. Sì, è proprio evidente. Mi spiego meglio. Di cosa parla il film? Parla di svuotamento, alleggerimento e guarigione; quello di Megumi è soprattutto un percorso esistenziale, un percorso esistenziale strutturalmente legato ad un passato da elaborare e da mettere alle spalle (da superare, da cui l'espressione Verwindung). Una forma ontologica del passato che deve trovare una guarigione nel presente, questo è il Verwindung. E se pensiamo - seguendo una lettura heideggeriana fatta non da me ma da Vattimo - che il tutto va a sintetizzarsi in un legame con il passato che è come un cordone ombelicale (ermeneutico) da manipolare, be' siamo a cavallo. Anche nel film vi sono i cordoni, non ombelicali ma anali ma siamo lì. Megumi riassume perfettamente il giusto fare con il cordone, sia in forma fisica che simbolica. Or dunque suggerirei a qualche docente di mostrare Zombie Ass: Toilet of the Dead ai giovani studenti nei vari corsi di filosofia teoretica. Giusto per arrivare concretamente al punto del messaggio o nel mezzo della concretezza giacché, ogni tanto, le cose andrebbero prese di culo.
Commenti
Posta un commento