YOUTH - LA GIOVINEZZA di Paolo Sorrentino (2015) Cateteri rossi

Dopo l'agghiacciante La grande bellezza, film che ancora ricordo con un vago senso di orrore e vertigine da cena pesante, era pressoché auspicabile che Sorrentino non ricadesse nel medesimo esercizio di pene. Le pene dei suoi protagonisti, ognuno con una bella frasetta aforistica bella che impacchettata e il pene di Sorrentino stesso, ossia il suo ostentare una maestria da vero maestro del cinema italiano. Un qualcosa tipo Guardate quanto sono bravo. Purtroppo, con questo Youth la magia nera si ripete e pur nel suo essere un film meno pompato del precedente rischia di fare peggio (per fortuna, non riuscendoci). Qui oltre ad una ostensione del pene e della sua glande bellezza vi è anche una versione estensoria in salsa viagra. Ossia un'erezione che fa del compiacimento una forzata, mantenuta, deflagrante glorificazione. Puoi dire cose banali quindi, ma se sorrette dall'incanto delle immagini, dalla purezza estetica, quelle cose - per quanto minuscole - appariranno enormi. Qualcuno in quella minuzia ci vedrà per forza di cose un contenuto pazzesco. Il silenzio in fondo è facile riempirlo con qualsiasi cosa, tanto è la poesia che fa il resto. Film di orizzonti da riempire quindi, o per meglio dire di consapevolezze adamantine, scevre ormai da ingannevoli pulsioni. Cosa questa che a Kant piacerebbe di certo; il contemplare una bella fanciulla ignuda che si immerge in piscina e non vivere nell'inganno dell'interessamento. Quasi un apparire per l'apparire, per dirla alla Hegel, con la lucidità del mettere tra parentesi il resto: l'interesse, la pulsione, il significato. Insomma, il guardare un bel culo nel mondo della critica del giudizio di Kant equivale a non farselo venire duro. È questo il traguardo finale dell'hotel tra le Alpi di Sorrentino. Un traguardo che non è propriamente - e direi anche giustamente - raggiunto. In fondo, non è che se sei vecchio non hai più voglia di trombare. E non a caso, Sorrentino a suo modo questo lo esterna. In un modo oltremodo trash ma lo dice. 
Cosa ci dice ancora Sorrentino? Be', il messaggio di fondo ha un che di lodevole, bisogna ammetterlo, vale a dire non vi è un vero e proprio traguardo per quella che è la concezione del futuro. Questione portata tempo fa alla ribalta da un simpatico filosofo di nome Ernst Bloch, per il quale “L'uomo esperisce la sua vita più nel futuro che nel presente”* e per il quale buona cosa sarebbe, per scorgere l'orizzonte del futuro, esser o geni o giovani. Beata gioventù quindi. Ma anche per i meno giovani e i meno geni il calice della speranza per il meglio può esser sempre pieno giacché basta far sopravvivere in sé la lucina delle emozioni. Lucina delle emozioni e quindi l'ispirazione, il bisogno di creare e quindi Harvey Keitel (il regista) e il suo disperato bisogno di esistere nella sua arte. In contrasto all'ormai “creativamente stanco” Michael Caine (il compositore). Il futuro da accendere quindi, sia in virtù di imbarazzanti sceneggiatori sia a dispetto dello sconsolato realismo del personaggio interpretato fugacemente ma intensamente da una Jane Fonda truccata un po' così ma che ha ancora un suo perché. Dal punto di vista squisitamente attoriale nonché interpretativo siamo simpaticamente al sicuro. Harvey Keitel spacca e Michael Caine spacca ancora di più, giusto per usare espressioni da giovane degli anni Ottanta. Il film invece spacca le palle. Come detto, è tutto troppo fenomenale. Sarò indubbiamente un idiota io ma avere dei contenuti non è avere solo un'infinità di dolly e un dizionario completo di frasi un po' a cazzo ma efficaci giacché dette nella giusta luce. Gesù, si può ben donde rimanere ammaliati dall'estetica, dai movimenti di macchina di Sorrentino ma io francamente neanche in questi virtuosismi ci vedo un granché di sostanza della forma. Più che godimento estetico o pregnante avanguardismo io vedo unicamente una finestra dalla quale lanciarmi per sfuggire da cotali venosi moti e reclamare un Sorrentino più umile, più povero, più essenziale e ugualmente musicale. Sì, perché una cosa fuori da ogni discussione è il fatto che nei suoi film vi è sempre una colonna sonora degna di nota. Qui da una zona all'altra dell'albergo (il Waldhaus, che appare anche ne La Montagna incantata di Thomas Mann) si odono tra gli altri Bill Callahan e Mark Kozelek. Ed inoltre Rachel Weisz è sempre una bella gnocca.
Le emozioni sono sopravvalutate? Mah, per me è sopravvalutato l'essere umano in generale e il regista Sorrentino nel particolare. E più nel particolare il Sorrentino che è giunto dopo Il Divo. Come detto, Youth non è una cagata completa come La grande bellezza. All'insopportabile Jep Gambardella si sostituiscono due personaggi che (oltre ad essere interpretati in modo sinceramente notevole) riescono a far emergere una certa malinconica onestà. Una onestà o un cuore che si sente nonostante tutta la stancante tecnica di Sorrentino, e se è vero, come questo film vuole alla fin fine dire, che alle emozioni va dato atto, cotale banalità andrebbe usata meglio da Sorrentino stesso. Una bella inquadratura può di certo emozionare ma se a questa ne segui altre ottocentomila non si può non sospettare una irritante spocchia. Come il compagno di classe che vorrebbe sempre rifare il compito che gli era già venuto bene. Che cazzo. Per la sua prossima fatica cinematografica mi verrebbe da dire a Sorrentino: “Fatica di meno”. Fatica di meno, tipo me che fondamentalmente manco l'ho visto Youth. Dopo il suo film precedente vorrei attendere un pochetto prima di pipparmelo ma questo non mi vieta di recensirlo, giusto per portarmi un pochetto avanti. 

APPENDICE: 26 novembre 2015. A distanza di un po’ di tempo e quasi in prossimità del magico Natale, sono riuscito a recuperare quest’ultima fatica di Sorrentino. Non avrei alcuna difficoltà a smentire quanto scritto qua sopra. Ossia a smentire la recensione di un film che non avevo visto. Non che abbia scritto chissà quale recensione giacché non dico pressoché nulla. L’unica cosa che si denota è un grazioso parere negativo. Ora che ho finalmente visto Youth posso… Posso solo confermare quanto sopra suggerito! Youth è un film abbastanza inutile. È quello che non è, vale a dire che raggruppa in sé tutta una serie di rimandi (ove Fellini primeggia) che non hanno manco il gusto dell’omaggio ma unicamente l’imbarazzante alone di una copia che vuol essere originale. Come detto, non siamo ai livelli de La grande bellezza (uno dei più abnormi abbagli dell’universo) ma la tiritera è sempre quella: un uso irritante della macchina da presa nonché una mitragliata estetica al limite del pacchiano. Inquadrature che diventano fotografie esistenziali. Cose che se stai girando uno spot per Dolce & Gabbana va benissimo ma in un film non tanto. Quindi quadretti, gente in posa innanzi ad un fotografo che vuol fare la foto dell’anno ma che in realtà manca di un vero e proprio occhio.
E dire che il cast non fa manco pena (come è invece ne La grande bellezza). Michael Caine e Harvey Keitel funziona bene insieme, anche se parlano di pisciate. Sono sì fuori dalle righe e fin troppo perfetti nelle loro frasettine ad effetto e nei capelli ma almeno non scadono nel pacchiano. E ci sono anche momenti un filino più di spessore come il monologo di Rachel Weisz e l’apparizione di Jane Fonda ma la loro riuscita è dovuta più alla bravura delle due attrici che alle pompose impennate di Sorrentino. Anche le tette di Madalina Ghenea non sono male, ma pure quelle sono più che altro merito di Madalina Ghenea. Il resto è trascurabile. Anzi, peggio: è brutto. Maradona (Roly Serrano) che gioca con la pallina da tennis. I giovani sceneggiatori raggruppati testa a testa come in una pubblicità del Ciobar, questro malsano mostrare il processo creativo come un qualcosa di romantico. Or bene, Youth poteva essere qualcosa di diverso, qualcosa di meno “fenomenale” e d’effetto. Sì, il tema è abbastanza abusato. Dico, la vecchiaia (come in Amour anche qui l’acqua che sale sulle caviglie è un’allegoria della vecchiaia) ma questo non significa che non si può dire ancora qualcosa. Youth invece non dice nulla. È solo una performance sotto l'assunzione del Viagra.


*Ernst Bloch - Gesamtausgabe, Philosophische Aufsätze zur Objektiven Phantasie, volume 10.

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