STRANGERLAND di Kim Farrant (2015) People are strangerland

Ad un certo punto Eurinome sbucò fuori dal Caos, subito si accorse di non aver ove camminare e quindi con fare repentino divise il mare dal cielo e così facendo, nuda e bellissima, si mise a danzare, cavalcando le morbide onde. Puntò allegramente a sud. Durante il viaggio, solleticata da un curioso venticello alle spalle sbirciò e vide il vento del Nord; ossia Borea che la inseguiva perdutamente attratto. Eurinome non ci pensò sù due volte, d'improvviso si voltò e con l'abilità che la contraddistingueva prese a sfregare Borea. Dallo sfregamento nacque, Ofione, il gran serpente. Eurinome riprese poi a danzare, per scaldarsi dal freschetto che aleggiava. La sua danza sinuosa sedusse Ofione e quando il desiderio di Ofione si fece irrefrenabile - trascurando il fatto che Eurinome fosse in fin dei conti sua madre - si lanciò sulla dea e la avvolse con il suo corpo di serpente. I due si accoppiarono incestuosamente e dalla loro unione nacque ogni cosa. Tutto sembrava andare alla grande fino a quando Ofione non iniziò a credersi il vero padrone del mondo. Un tantino seccata da questo atteggiamento spocchioso, Eurinome piantò un bel calcio in bocca al tracotante Ofione e dopo avergli fatto cascare tutti i denti lo spedì per sempre nelle grotte oscure. Insomma, da che mondo è mondo c'è sempre una donna sinuosa accompagnata da un simpatico serpente-preda. Ora, sarebbe estremamente riduttivo nonché fuorviante ridurre il tutto a simbolismi, nonostante potrebbe risultare affascinante andare a ritroso verso quei primiimpulsi antropologici o verso l'origine del topos suddetto, in seno al fatto che molti miti si ripresentano in regioni separate del mondo abbracciando il medesimo plot. Cosa sto dicendo? Non ne ho la più pallida idea. Il fatto è che questo caldo mi sta dando alla testa e allora ho deciso di guardarmi un film ove par esservi luoghi ove fa ancora più caldo: l'Australia. È infatti in una infuocata cittadina australiana che si dipana la storia. Una storia che se fosse stata una serie tv avrebbe forse goduto di una più propedeutica estensione. Non che si debba fare di ogni buona storia una serie tv ma a volte il formato esteso può giovare. Una storia come quella di Top of the lake, se narrata in un film non credo avrebbe avuto lo stesso fascino. Dicasi lo stesso per la prima stagione di True Detective. Storie che possono sì essere film, storie che ne incamerano una certa - come dire - potenza ma allo stesso tempo storie che trovano il loro più adeguato palcoscenico nel tempo prolungato di una stagione televisiva. Sto nuovamente delirando? Bè, è sempre il caldo. Sarà ugualmente colpa del caldo se non dovessi azzeccare i congiuntivi. E quindi? E quindi nel caldo di Strangerland succedono cose curiose e inquiete giacché abbiamo la storia di un farmacista (Joseph Fiennes) che veste come il dottor Zoidberg e che con moglie (Nicole Kidman) e due figli va a vivere nell'isolata cittadina di Nathgari. Nulla di sensazionale, solo che la famiglia Parker si porta dietro dei segreti (come tutte le famiglie che si rispettino) ed è or dunque bisognosa di ripartire da zero; peccato che le vecchie abitudini sono dure a morire. E quindi... 
Nel parlare di un film australiano di una regista australiana ambientato in piena Australia alcune cose non vanno omesse. Ad esempio l'Australia e quindi non cose direttamente connesse al film ma cose ugualmente rintracciabili nel film. Certo, si potrebbe ben donde e oltremodo sorvolare ma credo che sarebbe un togliere dei tratti interessanti alla pellicola. Non che io voglia star qui a tirar fuori questioni inerenti ai coloni (il protagonista maschile è giustappunto inglese), star qui ad evocare quella sorta di giustizia della Terra violata (anche se ad un certo punto si nomina il Serpente Arcobaleno) e della terra che ingoia le persone. Insomma, senza fare voli pindarici, per parlare di Strangerland (diretto da una simpatica esordiente che si è fatta le ossa con apprezzati documentari) basta semplicemente partire dal titolo. C'è l'Australia, affascinante e preponderante (grazie anche ad una fotografia coi fiocchi e grazie a Madre Natura) e c'è il luogo straniero della casa: la famiglia. C'è la crisi di un ambiente domestico e quindi lo sviluppo sempre più intricato di un luogo senza più punti di appoggio. I luoghi stranieri delle immense distese di terra australiana non sono altro che uno specchio del più vasto non-terrirorio che si va a scoperchiare nella vita domestica. Un territorio ove la figura genitoriale è distratta, silenziosa, incasinata. Esempio calzante di questo potrebbe essere il modo in cui i genitori del film reagiscono alle passeggiate notturne del figlio più piccolo. Per loro un "Smettila di farlo" è il massimo che possono esprimere. Tuo figlio si alza in piena notte ed esce di casa, intorno a lui c'è il deserto e tu come contrasti questa cosa? Con un "Smettila di farlo". Alle problematiche del figlio maschio si accompagnano poi quelle della figlia femmina Lily (Maddison Brown) e il suo rispondere alla prigionia casalinga con la sessualità. Da qui il mio pensare al mito di Eurinome, della quale si può anche dire che etimologicamente il nome va letto all'incirca come Colei che vaga in ampi spazi (e l'Australia si presta molto in tal senso). Ed è questo vagare di Lily, a dare il vero e proprio inizio al film. 
Giacché siamo in Australia e giacché viene, come dicevo, non difficile pensare alla colonizzazione inglese e a tutta quella letteratura coloniale incentrata su cotale dicotomia - cioè su questo incrocio di realtà, l'occupante e l'occupato - non è così astruso né casuale vedere la giovane e promiscua Lily in rapporto al vasto territorio australiano (bush). Il bush è la casa dei nativi ed è, per contraltare, il luogo ove l'uomo bianco finisce tragicamente per perdersi. "Non solo l'uomo adulto non torna più a casa, ma frequentemente viene narrata anche la scomparsa nel bush del bambino europeo. Ad un livello metaforico, inoltre, questa entità geografica rappresenta l'inconscio, ciò che non si può controllare, per cui il bush spesso è associato alla femminilità, a tutto quello che risulta complesso da definire e che rimane e deve restare nascosto."* Ora, se pur in dosi minuscole non si può non menzionare alcuni tipici aspetti legati alla vita dei coloni e alla letteratura che l'accompagna. Non che io sia un esperto del settore, sono un fondamentale ignorante; nel senso che è fondamentale il fatto che io sia un ignorante. Tuttavia oltre al tema della persona scomparsa un altro costituente non di poco conto è quello del momento di transizione. Un prima e un dopo. Un momento che per comodità viene riassunto con il lavaggio. In che senso? Nel romanzo Manganinnie di Beth Roberts (1979) si racconta di una bambina scomparsa in Tasmania e trovata dall'aborigena Manganinnie. Una volta ritrovata dalla bellissima famiglia bianca, la prima cosa che si fa alla bambina, Joanna, è lavarla accuratamente. Nel libro Norah of Billabong di Mary Grant Bruce (1913) a perdersi è invece una bambina di nome Babs. Quando viene finalmente ritrovata - dopo oltre un anno - è quasi irriconoscibile. Perché? Perché è nera. Il suo viaggio nel bush l'ha sporcata e l'ha fatta diventare come la Nera Lucy (così viene infatti chiamata la donna indigena accusata di averla rapita). Il candore di Babs non è però totalmente cancellato, infatti vengono riconosciuti i "graziosi" piedi snelli e il suo bel collo alto. Cosa questa che la differenzia con vigore dagli indigeni. Anche a Babs come a Joanna, tocca un bel lavaggio rituale. Come scrive Val Plumwood**, a proposito dell'iper-separazione, i colonizzatori tendono ad enfatizzare le differenze, la pulizia esagerata fa parte di questo processo di enfatizzazione. "Poiché l’altro deve essere trattato non soltanto come differente, ma come un inferiore, una parte del più basso e diverso ordine dell’essere, la differenziazione da esso richiede non soltanto una distinzione, ma un’esclusione radicale, non una semplice separazione, ma un’iperseparazione. L’esclusione radicale è un indicatore chiave del dualismo"***. 
Per occorrenza di sintesi (non volendo sfidare la pazienza del lettore), si può volgarmente riassumere il concetto di dualismo come un apparato costruito dalla parte dominante atto a valorizzarlo a partire dalla parte debole o più semplicemente basta guardarsi intorno per vedere come una differenza è detta tale a partire da chi la pronuncia (differenza sessuale, di razza, di religione). Io che pongo te come diverso (inferiore) da me, insinuo l'idea di differenza e me ne faccio bandiera. A suo modo esemplificativo è in tal senso l’orrenda espressione “razzismo al contrario”, frase generalmente pronunciata dal bianco e che sta ad indicare la bizzarria di un nero razzista con il bianco. Il razzismo è di proprietà dei bianchi, quando non è così appare strano, appare una cosa al contrario. Come sostiene la Plumwood, il concetto di identità dualizzata è un intrico logico che non starò qui a dipanare. Basti dire che quello del figlio smarrito è un topos classico della letteratura post-coloniale. Il bianco innocente si perde nel bush australiano e viene fuori il suo coraggio, il suo eroismo. Nella cultura australiana (dell'uomo bianco) il racconto del lost-in-the-bush è ormai un classico****. Si parte dall'esaltazione del bianco, inteso anche come candore dell'uomo bianco e si prosegue verso ciò che minaccia questo candore. Il bianco che si sporca - fisicamente - è qui, nel mondo del lost-in-the-bush, una esplicita metafora. Successivamente il candido bianco si perde. Se viene poi ritrovato questo indica un processo di ripulitura andato a buon fine, è il trionfo, il successo. Il bianco ha subìto la giusta correzione ed è tornato il bel bianco di un tempo. Anzi, ora è ancora più bianco. Se invece il bianco non viene ritrovato il resto della comunità e i familiari hanno comunque un importante monito: siete avvertiti su cosa vi succederà se vi lasciate andare alla cattiva condotta. Guardando Strangerland, se deciderai di guardarlo e se ripenserai a quello che hai visto, probabilmente ti verrà da ripensare a quanto scritto malamente ora da me. Dopodiché questo messaggio si auto-distruggerà. 
A ben vedere cosa c'è in Strangerland? Abbiamo l'Australia e un protagonista sicuramente inglese (Joseph Fiennes), il topos del perso-nel-bush, lo sporcarsi (che sia sabbia o sangue o terra rossa) e il lavarsi. C'è un viaggio introspettivo e un esito di presa d'atto. Solo che, come è giusto che sia, il meccanismo è in qualche modo rovesciato. Non completamente ma per la maggior parte sì. La struttura del bianco scomparso non vede qui un personaggio candido ma un personaggio già macchiato.  E non vi è neanche molto spazio per l'eroismo (altro elemento della struttura del lost-in-the-bush), c'è un poliziotto (un notevole Hugo Weaving) ma più che un eroe è un tizio con dei problemi. Si potrebbe forse rintracciare un altro tema classico, ossia la contaminazione del povero bianco per causa indigena. Ma anche questa prospettiva è fortunatamente sbriciolata. La terra straniera qui è chiaramente la casa dell'uomo bianco. L'uomo bianco in quest'ottica vive, deve vivere, un senso di colpa. La colpa di aver loro contaminato - con la candida bianchezza - la terra degli aborigeni. Non sporca di nero ma di bianco. Insieme a questo c'è, preponderante, la sessualità femminile. Una sessualità che va a braccetto con lo spirito della Natura; Eurinome che danza sulle onde. Anche nel film si danza, lo fa Nicole Kidman sulle note dell'australiana Jen Cloher. E devo dire che la Kidman ci sa ancora fare, qualcuno ricorda come ballava in To die for di Gus Van Sant? Sono passati degli anni ma quando ci si mette sa come apparire sensuale. Catherine, il suo personaggio, balla quindi. Balla da sola. Una libertà femminile - mal vista ovviamente dal maschio - oggettivata sia dal personaggio di Lily che da quello della madre. Ad un certo punto il marito di Catherine aggredisce in modo accusatorio la moglie, a proposito dei comportamenti della figlia, dicendo: "Non ha preso da me", così come in un momento più tranquillo le aveva detto "È fuori controllo quasi come lo eri tu". Se tua figlia è una troia è colpa tua, donna, se si comporta bene è invece merito mio. Crisi di coppia, crisi di figli, crisi post-coloniale, crisi di crisi. Questo in sintesi è Strangerland. Un bel film? In fondo sì, per essere di una esordiente. Se lo si guarda sapendo poco di alcuni aspetti dell'Australia può a ragione sembrare un classico drammone senza arte né parte. Nulla di che se non bella regia e bei paesaggi. Se però ci si interroga sull'uomo bianco che scompare in terra straniera allora questo film assume tutto un suo fascino. Se poi si va a recuperare Picnic ad Hanging Rock e altri film non dissimili, il viaggio è completo. Inoltre, Nicole Kidman, un'attrice che può ben donde beccare i film sbagliati ma quando trova quello giusto, quando trova il personaggio giusto, viene fuori la grande attrice che è in lei e quelli che le stanno intorno possono faticosamente arrancare nel tentativo di tenerle il passo.

*Pioniere in Australia. Diari, lettere e memoriali del periodo coloniale 1770-1850 by Serena Baiesi
**Decolonizing Relationships with Nature by Val Plumwood
***http://www.ledonline.it/Relations/allegati/696-donne-ambiente-plumwood.pdf

****http://www.acrawsa.org.au/files/ejournalfiles/156CRAWSTilley711.pdf

Commenti

Post popolari in questo blog

MUKHSIN di Yasmin Ahmad (2007) Il mondo sopra un albero

NYMPHOMANIAC di Lars von Trier (2013) Plateau orgasmico

BOJACK HORSEMAN di Raphael Bob-Waksberg (2014) Foto di gruppo con cavallo