STRANGER THINGS di Matt e Ross Duffer (2016) Non si esce vivi dagli anni 80

Molto in breve. Non ho gridato al miracolo guardando Stranger Things e in linea di massima non ho neanche gridato. In questa acclamata serie tv di Netflix scritta dai simpatici fratelli Duffer non succede nulla che non sia già successo trentasei anni fa. Chi (tipo il sottoscritto) è cresciuto divorando i romanzi di Stephen King e guardando tutta quella sfilza di film ove succedono cose mentre dei ragazzini scorrazzano e scoreggiano in bicicletta, non può non venir inghiottito da un abnorme senso di déjà-vu innanzi alle strane cose di Stranger Things. Il punto non è il lamentare l’effetto nostalgia, il punto è il restare arroccati in questa sfera gravitazionale (alla Explorers). Non succede nulla di pazzesco, nulla di speciale, nulla di nuovo. Tutti gli otto episodi sono un sentito atto d’amore per una lontana iconografia ed è bello che sia così ma, per quanto mi riguarda, non basta. Si passa da Lo Hobbit a Star Wars, da Poltergeist ad It (romanzo), da L’incendiaria a I Goonies. Uno allora può dire “Santi numi, se c’è tutta questa roba allora mi piacerà di sicuro”, nonostante quella roba venga da altra roba che c’è già stata. Vi è un bizzoso corto circuito affettivo. Il medesimo discorso si può fare per Il risveglio della Forza con l’unica non trascurabile differenza che Episodio VII è sì un prendere a mani piene e pingui dal passato ma è anche un aggiornare. Stranger Things non aggiorna nulla e rimane persino convenzionale. C’è il gruppetto di simpatici e sfigati adolescenti che giocano a Dungeons & Dragons e che comunicano con i walkie-talkie (li avrei voluti tanto anche io i walkie-talkie negli anni Ottanta e invece nada e anzi oggi non ho neppure un telefono cellulare), c’è la bambina con i poteri tipo Scanners e tipo la Charlene de L'incendiaria (con l’identica epistassi durante lo sforzo mentale) da tenere nascosta come l’E.T. di Spielberg, ci sono i gruppi segreti che fanno cose segrete e cattive, c’è il poliziotto di provincia alcolizzato e con un duro passato da digerire, c’è la fanciulla che si innamora del maschio alfa ma anche un pochetto del maschio problematico (fanciulla che ha una mira micidiale tipo la Beverly di It), c’è il mostro da affrontare in uno scontro che si divide su più piani d’azione (ancora It). Di tutto questo minestrone c’è una rielaborazione efficace? Secondo me no. 
I protagonisti sono simpatici (Dustin è figlio di Chunk de I Goonies) ma a parte la simpatia di loro non mi è rimasto pressoché nulla. O meglio, l’unico personaggio che mi ha trasmesso qualcosa è Barb, peccato che poi muore immeritatamente facendosi ritrovare addobbata in un mix tra It e Alien. Probabilmente John Hughes avrebbe regalato a Barbara un destino migliore. Ad ogni modo, a giudicare da quanto ho maldestramente scritto pare che Stranger Things mi abbia pressoché fatto cagare, ma non è così. Mi è piaciuto. In qualche modo. Le cose che non mi sono piaciute sono state altre: Matthew Modine e i suoi capelli. L’interpretazione un filino approssimativa di David Harbour (il capo della polizia) e il fatto che il suo personaggio riveli con leggerezza dove sono nascosti i ragazzi pur sapendo che lo va a dire a gente che ama inscenare morti di bambini e fare esperimenti brutti brutti. L’interpretazione di Winona Ryder tutta occhi sgranati e nicotina (la vera delusione della serie per me). El (Undici), soprattutto quando le infilano la parrucca e la vestono come un fantasma a caso dei film di James Wan. Spacciarla per una femmina è al quanto difficile, al limite la si poteva far passare per la figlia di Elizabeth Perkins. La sigla di apertura, non per il font Che belli gli anni Ottanta quanto per il fatto che è identica a Wanna Fight di Cliff Martinez da Only God Forgives. Or bene, c’è già chi parla di serie tv dell’anno. Peccato che siamo nel 2016 e non nel 1983. Se ti piacciono i Goonies amerai questa serie. Se mi piacciono i Goonies guardo i Goonies! Okay Stranger Things è un omaggio ma alla fine mi è venuto da dire qualcosa tipo: “Dio che palle, ma qualcosa di nuovo no?!”. Dove dovrebbe risiedere questo fenomeno? Non lo so. Magari ci dovrò pensare e lasciare che questo piccolo commento vaghi solitario nella rete.

La seconda stagione l'ho interrotta a metà; non ne avevo più voglia. 

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