SOLO GLI AMANTI SOPRAVVIVONO di Jim Jarmusch (2013) Un temuto giorno di sole

Ciao, come va? Sei in giro per cimiteri? A parte giornate come questa di oggi penso di poter apprezzare un giro tra i morti. Mi è capito di visitare qualche cimitero di paese, così per curiosità ed in effetti ci si addentra in un universo di quiete. Tuttavia penso che sarebbe anche carino dare un’occhiata al reparto nascite, così, per compensare. Detto ciò, evidentemente in me doveva esserci qualcosa di poco chiaro al di là della mia oscurità, giacché per quanto io adori e odori Jim Jarmusch e i suoi capelli non sono riuscito ad apprezzare in pieno questo Only Lovers Left Alive. Spulciando qua e là, giusto per tentare di afferrare ciò che non avevo afferrato, ho letto recensioni entusiaste e al limite dell'oltre entusiasmo. E questo è di per sé entusiasmante ma, ahimè, non ho visto in questo film un "capolavoro stralunato e bizzarro", ossia non l'ho trovato un capolavoro e men che mai bizzarro e in fondo neanche stralunato. Giusto per ribadire un qualcosa, il suo film precedente (The Limits of Control), da molti non particolarmente amato a me invece era piaciuto assai. Con questo non voglio dire che il film sia orrendo, anzi. Cazzo, è sempre un film di Jim Jarmusch! Mica pizza e fichi. Tuttavia in me è sopravvissuta una sensazione non dissimile dall'insoddisfazione. Il buon Jim ha impiegato sette anni e più per arrivare alla realizzazione di Only Lovers Left Alive e forse sarebbe stato meglio aspettare ancora un altro po' o forse, cosa più plausibile, sono io che devo darmi una smossa o come direbbe Yeats sciogliermi dalle reti del torto e della ragione; cito a memoria e quindi potrei aver scritto una stronzata. E mi scuso anche per il turpiloquio, in parte dovuto al fatto che mi sto facendo di Coca-Cola e tè e all'occorrenza aranciata. Ad ogni modo, tra un'affascinante e calda Tangeri ed una cupa e decadente Detroit eccoci far la conoscenza con Adam ed Eve (e questa cosa non originalissima dei nomi mi ha lasciato un filino perplesso in partenza e peggio ancora sarebbe il pensare che siano davvero loro). Vabbè, Adam e Eve. Due individui separati geograficamente ma uniti da un amore pressoché secolare. Una separazione spaziale quindi e in fin dei conti non così depauperante (era da mesi che non scrivevo "depauperante") trattandosi di un uomo e una donna che nel tempo ci sguazzano. 
Una storia d'amore quindi, ove il punto focale è per l'appunto la durata di una relazione (ultra centenaria) e la sua correlazione quantica nonché il fattore coppia (si veda il citato - nel film - Fibonacci) nonché una sublimazione nell'armonia pura, la sezione aurea e la proporzione data dall'unione delle coppie. Se non hai capito nulla di quello che ho appena scritto non preoccupartene. In buona e drammatica sostanza: se vuoi creare qualcosa di figo nella vita ti tocca amare. Difficile che tu giovane ed imberbe single possa altrimenti puntare alla proporzione cosiddetta divina. A volte i pubi devono incontrarsi. Or dunque, per amor d'armonia ed equilibrio è bene andare alla ricerca del proprio coniglio e darsi da fare. Come Adam ed Eve. La loro unione a distanza si palesa subito all'inizio del film e si comprende seduta stante che per loro la distanza è un dato pressoché contingente. Così come si comprenderà che il mio parlare di sezione aurea e di quantum entanglement non è solo uno dei tanti segni della mia ormai inarrestabile pazzia ma se ne discute proprio nel film. I legami. La bella sequenza di apertura ce lo dice subito: qui c'è un legame. Uniti dalla musica, dalla letteratura, da Tesla, da Joyce, da David Foster Wallace, da Schubert e da Jack White i due amanti amanti del nettare rosso vivono la notte. Al sicuro tra le loro cose sicure. Una sicurezza che il tormentato Adam pare non vivere proprio in modo esaltante, visto la sua predilezione per la Dalbergia retusa; un tormento che l'algida e allo stesso tempo calda Eve sa come prendere. I due or dunque paiono compensarsi e vivere in armonia le loro passeggiate in auto e le ronfate in casa. Non fosse per gli zombie, ossia gli umani beoti che li circondano e che li osservano e non fosse per Ava, ossia una frizzante – frizzante? - Mia Wasikowska (credo il mio personaggio preferito del film). Una fanciulla che si trascina con sé quel dannoso e odioso divertissement tipicamente umano (era dal 2003 che non dicevo divertissement).
Solo chi ama sopravvive. Sarà poi vero? Forse sì, a patto che lo si faccia nel modo giusto. Ed esiste un modo giusto per amare? Ovviamente no, è tutto a discrezione degli amanti. E, discrezione a parte, c'è il riuscire a vivere in modo naturale ed istintivo. Senza che il vagheggiare diventi sottrazione e lasciando all'abbandono il giusto respiro. Eve e Adam sembrano stare bene insieme non perché sono in sintonia ma perché si scoprono in continuazione, perché si scambiano. E solo due amanti, nell'egida notturna, possono - e devono - lasciare in luce una cosa fondamentale nonché vitale: la cultura. Ed è questo il messaggio più forte e originale (giacché il contesto della vicenda) del film. La cultura è vita, vita smarrita di vite appassite. Vita da custodire gelosamente in forma di libri, di musica, di pensiero, di arte. L'ignoranza, la sciatteria nonché lo zombismo sono subdoli artigli, artigli incapaci di toccare ma solo capaci di distruggere. Eve, Adam e pochi altri si scambiano, producono, archiviano cultura. L'ultimo dei trascendentali alberga nel sibilo di un fendente zampiresco. Assorbire l'amore per la conoscenza, l'amore per il sapere e goderselo (e tra l'altro davvero belle, buffe e - appunto - goduriose le sequenze di estasi sanguigna).

Non potendo in quel dato momento avere Michael Fassbender come protagonista e né potendo usufruire di Manuel Agnelli degli Afterhours, Jim Jarmusch si affida in modo di certo azzeccato al convincente e figo Tom Hiddleston (un felice morphing tra Fassbender e Jared Leto). Una scelta secondaria che direi dona al personaggio di Adam quella giusta o ponderata fragilità. E, che te lo dico a fare, vi è poi Tilda Swinton. Come si muove lei per le stradine di Tangeri nessuna. Quale meraviglia è la Swinton , io la esporrei come opera d'arte... Forse è cosa che è già stata fatta, mi sa. E vi sono infine la sopra citata Wasikowska nonché l'immancabile John Hurt. Tutti ben attrezzati con ottime e personalissime parrucche fatte di capelli veri, pelo di capra e yak. E peli a parte vi sono anche il fornitore Jeffrey Wright e il compianto Anton Yelchin, il quale effettivamente coi vampiri ci aveva già avuto a che fare, seppur in modo sottilmente diverso. Un cast ben nutrito (di sangue) e Jim Jarmusch alla macchina da presa. Si può chiedere di più? Forse sì. Al di là dell'importante monito insito nel film io non sono riuscito questa volta ad accedervi. E trattandosi di Jarmusch la questione mi viene difficile da credere e infatti mi auto-rimando ad una seconda visione. Se poi nel mentre tu hai intenzione di bighellonare per cimiteri, posso consigliarti l’ascolto di questa canzone durante il tragitto in auto, brano che a grandi linee fa così: So we go inside and we gravely read the stones. All those people, all those lives. Where are they now? With loves, and hates and passions just like mine. They were born and then they lived and then they died. It seems so unfair I want to cry. Tu che dici? Ti sembra che possa andare? 

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