LA BALLATA DI ADAM HENRY di Ian McEwan (2014) La sindrome di McEwan

Guardando alle recenti notizie su Fo e su Dylan, la prima cosa che mi è venuta da pensare è che il Nobel per letteratura a volte non ha alcun senso. Come potrebbe dire il matematico Ian Malcolm “Ma è previsto vedere degli scrittori in questo vostro premio agli scrittori?”. Pur guardando con non molta simpatia a Baricco mi ritrovo or bene con l’esser d’accordo con lui: il Nobel per la letteratura a Bob Dylan non ha alcun senso e in qualche modo danneggia il senso della letteratura stessa e di cotale riconoscimento. Francamente anche il Nobel a Fo mi aveva lasciato un pochetto perplesso all’epoca. Io non ho mai capito un cazzo dei monologhi di Fo ma questo è un problema inerente alla mia ignoranza. Anche Fo in fin dei conti ha palesato a volte un certo livello di ignoranza. A partire dalla sua giovanile simpatia per Salò, quella Rsi che Piero Colaprico su Repubblica (14 ottobre ‘16) chiama teneramente “La prima minoranza”, come se l’esser fascisti possa costituire un che di carino. Ma siamo in Italia, il paese che si astiene dal fare i conti col proprio passato. Purtroppo il fascismo ha poi mostrato a Fo e soprattutto alla Rame il suo lato più peculiare. Or bene, che fine fa lo scrittore quando tutto si fa scrittura? Irvine Welsh rende bene la questione quando a proposito del Nobel a Dylan commenta: “Sono un fan di Dylan, ma questo è un premio nostalgico insensato tirato a forza dalle prostate rancide di hippie senili che borbottano”. E dice bene, a mio modo di vedere, anche il poeta Valerio Magrelli: “paragonare una poesia alle parole di una canzone è come far competere un saltatore in alto con uno con l’asta”. Il senso della scrittura, della letteratura, del libro sta or dunque sempre più andando a farsi benedire. Ecco quindi che mi ritrovo a scrivere (male) di uno dei tanti nomi ipotetici per il Nobel per la letteratura, no, non sto parlando di un altro cantante ma di Ian McEwan e del suo romanzo più recente, in attesa del curioso Nutshell. È ormai pressoché evidente che al buon scrittore inglese piacciano le persone intelligenti che pensano cose intelligenti e che agiscono in modo intelligente e che ascoltano musica intelligente mentre da soli architettano qualcosa di intelligente. Nei romanzi intelligenti di McEwan persino i gatti e le scimmie si lanciano in considerazioni intelligenti e anche i peni conservati nella formaldeide appaiono assoggettati all'intelligenza. Certo, ad un certo punto le cose - nonostante tutta l'intelligenza - vanno un pochetto a prendere direzioni pericolose e ciò che è logico diviene un sofisma ma anche negli incidenti vi è un che di intelligente. Prendo a fagiuolo, come detto, il romanzo La ballata di Adam Henry (Einaudi, qualche euro, isbn 978-88-06-22383, codice a barre 9 788806 223830, pag. 202 ringraziamenti inclusi), lo prendo a fagiuolo giacché in questo simpatico libro troviamo tutta una serie di personaggi intelligenti, intelligenti e - già che ci siamo - anche belli. E a proposito di bellezza, era da molto che non leggevo un'opera di Ian McEwan e devo ammettere che è sempre una piacevole certezza il ritrovarsi ammantato dalla sua prosa.
Come noto, la protagonista del romanzo è un giudice dell'Alta Corte britannica. Una donna alla soglia dei sessanta anni e con qualche questione affettiva in ballo. Un ballo che non è la ballata di Adam Henry ma quella inerente alla sua vita coniugale e quindi al marito di lei: un uomo che sente spegnersi la propria vita sessuale. Sì, anche il sesso è un must nelle storie brillantemente raccontate da Ian (qualcuno forse ricorderà il meraviglioso modo con cui in Chesil Beach racconta di una bizzosa gittata di sperma nonché l'inghippo sviluppatosi dal termine fica in quel gran bel librone che è Espiazione). Voglia di talamo or dunque, voglia di tornare a sentirsi uomo per un ultimo volitivo canto, il canto del cigno che qui vuol essere il canto di un uccello prima della mortale quiescenza. Riaccendere quello che per Fiona, la protagonista, è un brivido passeggero dei sensi e che invece per Jack - il marito - è la passione prima di tirare le cuoia o prima di cedere definitivamente a quello che il loro rapporto è diventato: l'essere fratello e sorella. Ecco or dunque il senso o il succo del tutto, il sentire sulle ossa un'argomentazione che li colmi di vita, di esistenza. Per Jack quella tensione salvifica passa dall'accesso alla fica (salvi-fica), per Fiona la questione pare essere invece più cerebrale. Non a caso. Nel senso che qui risiede l'enzima proprio delle intelligenze alla McEwan.
Dopo aver esplorato con Sabato il mondo del cervello (il protagonista è un neurochirurgo) e quindi il luogo peculiare del raziocinio - il non plus ultra dell'intelligenza - ecco che ora McEwan fa un passo avanti e poi una giravolta e un saltello all'indietro per narrare un luogo adiacente al raziocinio, all'intelligenza: la testa di un giudice. La testa di una persona che deve decidere con delicato discernimento sul futuro delle altre persone. Un luogo certamente calzante nonché coerente per lo scrittore inglese. E, come detto, per non farsi mancare niente, impreziosisce il tutto con puntuali elitarismi. Il risultato è un compendio. Singulti sessuali, ragione, religione, ateismo. Da questo punto di vista (singulti sessuali, ragione, religione, ateismo), La ballata di Adam Henry è una versione romanzata del saggio Blues della fine del mondo. In quel minuto volume, McEwan si esprimeva a proposito di religione e di ciò che una superstizione può provocare. Un gruppo di persone che credono ad un qualcosa che ha un ancoraggio storico non dissimile dalla favola dei Tre Porcellini può cambiare il mondo nonché la vita delle persone che hanno accanto, che educano, che amano, che sposano o che perseguono. Ad incorporare questo vi è ne La ballata di Adam Henry un giovane di nome Adam Henry, un Testimone di Geova non ancora maggiorenne che necessita di una trasfusione di sangue per poter vivere. Trasfusione che lui rifiuta, trasfusione che i suoi genitori rifiutano, una trasfusione rifiutata nella Genesi, nel Levitico e negli Atti. In parole povere, come sostenuto fortemente da la Torre di Guardia, bisogna guardarsi dall'influenza di Satana. Cristo. Nel senso di intercalare atto a marcare un affermazione eretta su convinzioni manichee.
Toccherà a Fiona Maye dipanare con raziocinio e quindi intelligenza la matassa e di rimando ciò la condurrà in territori disturbanti. Territori ostili, meandrici ma anche sediziosi. Il tutto con in sottofondo della musica, musica ovviamente per persone intelligenti. Dalla punteggiatura di Mahler dei Ruckert-Lieder all'aplomb del Schubert di Der Erlkönig, dalla graziosità del Berlioz de Les nuits d'été alla disinvoltura esitante del Keith Jarrett di In Front, dalla pregevole assenza di accenti di Debussy alla sincope e alla libertà del Thelonious Monk di 'Round Midnight. E quindi un orgasmico finale del tipo Ah! Sans amour s'en aller sur la mer! Un universo bellissimo ove un re maggiore diventa un si minore. Tante cose per gente colta che sa cogliere. Ma non solo, giacché ne La Ballata di Adam Henry ad un certo punto compare anche Adam Henry. E Adam Henry poteva essere da meno? Poteva essere uno stupidotto? Poteva essere uno qualsiasi? No. Non lo è: suona il violino, legge i Canti onirici di Berryman, si ubriaca delle poesie di Yeats. Un tipo interessante; sì interessante, intelligente e per giunta figo: “Una faccia bellissima”. Un giovane Testimone di Geova dai modi e dal senso dell'umorismo con un che di stralunato, “quel tocco stralunato che a volte si accompagna al genio”. Adam è la sua precoce e matura intelligenza che cozza con l'idea che ricevere sangue dall'esterno sia contrario alla parola di Dio. E da qui l'incontro-scontro tra la ragione e la religione. Un incontro-scontro per il quale Ian ha tratto ispirazione da una storia vera. La storia di un suo amico giudice che prima di emettere una sentenza (che verteva su una trasfusione di sangue ad un minorenne Testimone di Geova) aveva ben deciso di sospendere l'udienza per attraversare Londra in taxi ed andare a parlare di persona con il giovane.
Or dunque e ben donde che romanzo è La ballata di Adam Henry? Be’, sicuramente un McEwan minore, direi ridondante (quello che dispiega in questo libro non è altro che quello che ha già sciorinato - meglio - in altri) e un McEwan in modalità a riposo, qualunque cosa questo significhi. Ma un McEwan a riposo è quanto di più distante dal produrre una lettura mediocre. Anzi. Questo perché Ian McEwan sa fare un qualcosa non così semplice da fare, sa fare un qualcosa che molti pensano di poter fare - beandosi nella loro intimità di un mastodontico ed immeritato successo -; cosa sa fare? Sa scrivere. E a questa sua dote accompagna riflessioni capaci di far sentire il lettore intelligente. Se esiste la sindrome di Wes Anderson, sindrome che porta (dopo una visione di un film di Wes Anderson) a credersi in un film di Wes Anderson mi viene da dire che esista ben donde anche una sindrome di Ian McEwan. Finito di leggere un suo romanzo ci si sente più intelligenti e si iniziano a fare ragionamenti sulle cose con lo stesso spirito attento dei cervelli dei suoi protagonisti. Certo, cotale sindrome poi va a scemare dopo poco e si torna ad essere un po' meno intelligenti ma... Ma quando l'effetto dura è bello. Infatti, in piena sindrome di Ian McEwan io ho iniziato a pensare alla Repubblica di Platone. Un volume di volume ove intelligenza, ragione e giustizia viaggiano all'unisono. Nel senso che in quel atavico libro, Platone vuole illustrare il cittadino ideale. Giustizia (dikaiosyne) è fare ciò che ci tocca. Un fare ciò che ci tocca a patto che si diano determinate condizioni, si è giusti se si ha in seno uno Stato giusto. Cosa c'entra questo? Nulla, volevo solo dire qualcosa di intelligente ma anche sottolineare come non dissimile dalla caverna di Platone è il mondo del credere e dell'agire su quel credere. Platone parlerebbe in termini di pistis (credenza) ed di eikones (immagini). Adam parla invece di Satana e del suo essere tremendamente sofisticato, riconoscere gli inganni del Diavolo è seguire la volontà di Nostro Signore e quindi le verità inequivocabili. Un Platone rivisitato da me parlerebbe invece di un'opinione eretta su una immagine e or dunque calcificata dalle credenze. Detto in modo più intelligente, eikones e pisteis in matrimonio alla doxa.

Fiona Maye, una vecchia trota non particolarmente simpatica ed eccessivamente incolore ed un bellissimo ed intelligentissimo ragazzino che ama Dio. Due protagonisti non espressamente simpatici, a mio modo di vedere. Nel senso che a me lei sta da subito sulle palle (giusto per usare una espressione non intelligente), troppo presa a ragionare. Troppo concentrata sui ricordi, troppo incagliata in ciò che apparentemente non vi è più; quella estasi dei sensi che è qualcosa di meglio di un'espressione retorica. Troppa frustrazione, una frustrazione in fin dei conti non distante da quella incollata ai dettami religiosi. Da subito, quindi, il personaggio che ho preferito è stato il marito di lei, peccato che lo si vede pochissimo. Giustamente si defila. Più che del romanticismo di Adam e delle estasi perdute di Fiona ho sentito il bisogno della concreta voglia di trombare di Jack. E questo è positivo visto che il romanzo parla invece di Fiona e del bellissimo ed intelligentissimo Adam? Credo di no. E tuttavia credo di non aver comunque perso tempo a leggere (tutto in auto) questo nuovo di Ian. Perché alla fine della fiera Ian McEwan infila cose deliziosamente sottili, dettagli gustosi. Cose alla McEwan insomma. Per quanto in forma minore, per quanto intelligentemente inconcludente, La Ballata di Adam Henry è ben donde un libro che... Si può leggere in auto e con la pioggia e che ti fa sentire in compagnia di una prosa di livello. E se è vero che il critico militante non deve essere una guida ma un lettore che vuol vederci chiaro io posso ben donde dire di non essere per niente nonché ovviamente un critico ma un lettore. E dico questo, in conclusione, per tentare fino all'ultimo di apparire un filino intelligente. Impresa di certo fallimentare e quindi, ribadisco, per fortuna esistono i romanzi di Ian McEwan. Certo, questo poteva venire meglio, più denso, più pregnante ma va bene così. Di rimando penso poi a come ci si possa sentire leggendo libri stupidi, stupidi e scritti male. Vi è anche una sindrome legata a questi libercoli? Guardandosi non faticosamente intorno pare di sì.

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