INTERCEPTOR - IL GUERRIERO DELLA STRADA di George Miller (1981) Il post sul post-apocalisse

In una distopica società del futuro post-atomica, Matteo Renzi funzionerebbe? Forse no, troppo esile per riuscire a mantenere a freno gruppi di esagitati in latex. Forse riuscirebbe ad attuare nuovamente un piccolo golpe e ad autoproclamarsi imperatore ma verrebbe subito messo fuori gioco da avversari più rudi; in forza di Hobbes il suo invito a stare sereni si esaurirebbe nella gittata di una catapulta. Matteo Salvini invece potrebbe farcela, non tanto come leader carismatico ma come tirapiedi o come omino governato da un nano. Lui e i suoi amici fascisti farebbero sicuramente cose divertenti nel deserto ma una mente così poco affine al logos come quella di Salvini troverebbe ostacoli insormontabili sulla sua ruttante strada. Nunzia De Girolamo invece andrebbe alla grande, anche Giorgia Meloni e anche Debora Serracchiani spaccherebbero di brutto. Le vedo agguerrite mentre - avvolte nel lattice - assaltano camion lanciando frecce fatali o mentre con precisione sparano ai pneumatici con un seguito di spettacolari esplosioni. Chi sono costoro? ti starai chiedendo giovane donna e giovane uomo del futuro. Erano persone che apparivano qua e là nel lontano passato dal quale sto scrivendo io. Non nascondo le mie erotiche fantasie a riguardo delle ultime tre ma questo comunque non deve abdurre in labili incomprensioni. I personaggi sopra citati non fanno parte di Interceptor o per meglio dire di Mad Max 2: The Road Warrior. 
Perché non lo so, ma devo ammettere che da adolescente un po' ci speravo in una società post atomica. Mi vedevo al seguito del mito della Grande Esplosione, mi vedevo vagare nel deserto per imbattermi via via in vecchi amici da soccorrere. Amici dei tempi che furono, ora assetati ai piedi di qualche albero. Chissà perché in questi miei ghirigori immaginifici io ero sempre quello messo meglio. Purtroppo la realtà mi ha ampiamente smentito, non solo la Grande Esplosione che mi avrebbe garantito un certo successo in veste di crocerossino non c'è stata ma ho perso anche quel mio me baldanzoso. Ora con la pancia da birra che mi ritrovo potrei al massimo fare l'ostaggio lagnoso, il vigliacco del gruppo o la palla o il corpo sul quale personcine scaricano il loro rancore. Nunzia, Giorgia e Debora andrebbero a cercarsi qualcun altro, mica me. Ma autocommiserazione a parte, Mad Max 2. Dubito non si possa non definirlo un cult. Non devo star qui a ribadirne i come e i perché giacché ormai vi è un vasto catalogo di informazioni in ogni dove. Or dunque e ben donde si può condensare il giusto indispensabile (caso mai ce ne fosse bisogno), ossia nel bel mezzo del deserto australiano la banda di Lord Humungus si piazza innanzi a dei tizi che hanno la fortuna di avere con sé una cisterna che contiene il bene più prezioso del pianeta: la figa? Macché, la benzina. Tira più un carro di benzina che un pelo di fica. In mezzo a ciò capita Max, un ex-poliziotto che fa quel che può per tirare avanti nella post-apocalisse. Non è da solo, ha con sé il miglior amico dell'uomo. Chi? Gramellini? Ma no. Un cane. 
Giustamente Max ha capito che il miglior amico dell'uomo è un cane. L'animale umano infatti è troppo corrotto da pulsioni, dalla materia, dalla speranza, da cose strutturali quali il mero materiale. L'animale umano è troppo vittima di sé. L'animale animale invece è semplicemente “vittima” del proprio istinto. Max ricalca or dunque e ben donde l'essere animale. Max ha imparato a perseguire il necessario per sé stesso. Un egoista? Mah, in un periodo post-apocalittico mi par la minima cosa il dover pensare a sé stessi e al proprio cane e ad un pochetto di carburante. Max quindi è la persona meno folle di tutti e infatti non capisco perché gli si dà del folle. Tuttavia questo suo essere un essere ragionevole non cautela Max dalla categoria più trascendentale di tutte: la sfiga. Se c'è una cosa che la vecchia trilogia di Max ci ha insegnato è che la sfiga è la divinità più presente, la divinità più inaudita e la divinità più spettacolare (pensa alla Ruota della Sfortuna del terzo episodio). Non è dalla sfiga che si erge il tutto? Dico, il senso della narrazione propriamente detta. Se non c'è sfiga non c'è storia, se non c'è eroe non c'è trama. Se l'eroe porta con sé la sfiga allora avete una storia. In Mad Max la strada della sfiga è oltremodo asfaltata.
Cosa c'è di più atavico del classico assalto alla carovana? Mad Max 2 è questo, un western. Non c'è il calesse ma c'è l'autoarticolato. Un'autobotte che è uno spoiler vivente (basta leggere cosa arreca scritto sulla portiera). Guardi tutto questo e pensi “Embè?” e poi c'è un pischello che dice “Ai vostri figli piacerà”. Peccato poi che la realtà supera la fantasia e che a noi ci sono toccati oltre ad una vita politica inquinata da Berlusconi e Renzi e pure Salvini e Meloni e pere e maccheroni e le minchiate fasciste da vendere tra una campagna elettorale e l'altra. Nessun film post-apocalittico avrebbe potuto prepararci a ciò. Eppure... Eppure l'estetica di Mad Max è qualcosa di così avanti che più avanti non si può. Muscoli, gomma, lattice, maschere, piume, asfalto, ancora muscoli, sport, acrobati e incidenti. Capricciosi e vendicativi uomini in perizoma. Indiscutibile genio. In mezzo a tutto questo c'è Max. E a Max gliene frega di contrastare i super cattivoni? No. Manco per il cazzo. Quello che interessa a Max è Max e il suo cane, cane che - giustamente - neanche viene corrotto da semantiche affettive quali il “nome”: il cane di Max si chiama Cane. Non a caso chi sarà l'alleato più fedele di Max? Un bambino che tutti chiamano Bambino. Insomma, semantica e de Saussure a parte si sarà capito che a Max del mondo non gliene frega una beata max. Possiamo or dunque riassumere il dopo anni Ottanta in questo? Io credo di no. Infatti gli anni Ottanta si sono suicidati - giustamente - prima degli anni Duemila. Negli anni di nostra madre santa post anni della distruzione sono infatti arrivati svolazzanti fenomeni di cultura mortale: la non cultura e il non talento di successo. Ma torniamo alla cisterna anche perché non ho capito nulla di queste ultime tre righe.

Una cisterna carica di benzina a seguito di un autocarro chiamato Terra può essere il mezzo di salvezza tout court? Max può essere l'auriga verso il mare e quindi verso la terra del domani? Chi ha visto il film sa già ovviamente la risposta, come sa che vi è sempre una curiosa forma di umorismo nel fato nonché nel tragitto autostradale di esistenza esistenziale. La strada e il mare; una vera e propria apologia dell'evasione. Or bene, la vicenda di Max e dei suoi simpatici amici avrà di certo ai più portato alla mente il ricordo di quella luce della petroliera. Quale? Quella luce in lontananza che è un varco, una via tra le vie per prendere e fuggire dalla prigionia del vivere spento, il vivere spento dell'esistenza sciatta e sempre tristemente uguale a sé stessa. I simpatici amici di Max non stanno forse bloccati? Non si ritrovano forse in una situazione di stallo? Situazione monotona e circolare come la ruota di uno pneumatico e asfissiante come un gruppetto di esagitati con le chiappe al vento pronti ad ammazzare. Poi arriva un autocarro cisterna e la via di fuga è bella che indicata. Non vi è or bene molta differenza con la petroliera che appare ne La casa dei doganieri di Montale. “Oh l'orizzonte in fuga, dove s'accende rara la luce della petroliera! Il varco è qui?” Il varco è qui? domanda Montale alludendo alla salvezza, alla fuga dalla prigionia. Be’, se un pochetto sconsolato (ammantato dal coperchio di sardine del pessimismo più atroce e inscatolato) il poeta genovese risponde con un perentorio no, ossia “Ripullula il frangente ancora sulla balza che scoscende”, il Miller di Mad Max 2 risponde con una risatina beffarda. Come a dire che è andata così e come ti aspettavi che sarebbe finita? Ovvio, che finisca così. Siamo nel mondo post-apocalittico, il dramma deve avere per forza di cose una risata nel groppone. Una presa per il culo, un culo che con un colpo di culo porta verso un altro domani. Il domani del possibile.

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