DIARIO DI UNA TEENAGER di Marielle Heller (2015) Cara vagina
Caro diario. Anche io, come William Stoner, mi sento un personaggio al limite del ridicolo. Il passare degli anni e l’esperienza vissuta, mi portano poi ad effimere congetture su ciò che è il quotidiano e le sue innaturali possibilità. Con un moto arrendevole ma soprattutto pigro, mi lascio trasportare dalla negligenza. Tra le svariate congerie mentali mi è capitato di imbarcarmi nelle questioni sessuali, blande analisi post maturità e pre-vecchiaia. A distanza dalla tipica deliquescenza adolescenziale, mi soffermo orbene a pensarmi sessuale giacché, come sai caro diario, credo di aver sempre avuto dei problemi per ciò che riguarda la delicata sfera della sessualità. Nulla che sia legato alla forma storpia o alle ragguardevoli dimensioni del mio pene. No. Il punto è un altro. Da supergiovane vivevo lo iato degli ormoni maschili e i tormenti del manicheismo. C’era sì la voglia di inzuppare il biscotto ma anche l’incapacità di essere l’uomo tappa buchi. Non essendo un maschio alfa, trovavo davvero difficile il lanciarmi come un arrapato girifalco all'interno delle piccole labbra. Non volevo fare del male e non volevo prendere l’iniziativa. Non volevo essere maschio. Mi faceva schifo l’idea. Ho sempre detestato la figura maschile, gli odori maschili, il fare maschile, lo scroto. Non riuscivo ad essere l’uomo. Vivevo quindi la mia prima relazione di coppia in un floscio e placido stato di inerzia sessuale. Ho quindi fatto petting per tre lunghi anni consecutivi, cosa che avrebbe fatto esplodere i testicoli a molti. Ero innamorato, come si suol dire, e andava bene così. Ho vinto le mie grandiose olimpiadi masturbatorie. In realtà – pensandoci ora - avrei all'epoca avuto assai bisogno di una milf (o di una mature) in soccorso del mio ghiribizzo. Curiosamente, nel troppo diluito periodo del mio primo innamoramento, è stata più la mia lei di allora ad indentrarsi in me che io in lei. Buffo no? Sono abbastanza certo che lei, dopo essere stata con una persona in sottrazione come me, finalmente libera dalle catene della mia inconcludenza, abbia finalmente trovato modo di scoparsi l’impossibile. Gruppi di neri dal nerboruto petto e dalle erculee braccia e col cazzo enorme. Cazzi che entrano in ogni dove, dettando sul suo corpo le nuove norme e cancellando impietosamente i fraseggi romantici del sottoscritto. Dai miei “Dio, spero tu ti accorga di come forte il mio cuore si nutra del tuo nome” a “Prendilo tutto troia! Dai, dai, ti piace così, vero? Ti sfondo il culo, puttana!”. Più in là nel tempo le cose non sono migliorate. Le mie cure bizantine non contemplavano il prendere per primo l’iniziativa. Ammettiamolo caro diario, sono sempre stato quell'irresoluto con il quale ci si trova bene a parlare e non a scopare. Alla fine me ne sono fatto una ragione e, anzi, ho via via maturato un certo fastidio per le questioni sessuali. Il mio punto di vista sull'argomento si è cementificato. Ormai sono corrotto, e non mi schiodo dalle mie idee: si dà troppa importanza al sesso. In una storia d’amore ciò che irrompe è il sesso, in una storia d’amore condita di tradimenti ciò che preme è il sesso. L’amante con il quale cornifichi si chiama amante perché ci fai sesso e non perché ci parli. Lei o lui ti lascia, e allora pensi a loro che si accoppiano. Non ti dà fastidio che possano trovare una intesa intellettuale, no, tu non sopporti l’idea che copulino. Il sesso è fondamentale. Rammento poi quando, tempo addietro, questioni similari si sono nuovamente affacciate nella mia già inutile vita. Avevo avuto a che fare con un uomo che mi ha danneggiato l’auto, preso a pugni, sputato in faccia, pedinato e insultato in tutti i modi possibili, in tutti i luoghi e in tutti i laghi. E l’unica cosa che lui esternava, con un volto accartocciato dai tranquillanti e dalla rabbia, erano questioni di natura sessuale. “Te la stai scopando?!”, era un imperativo sostanziale. Questo mi ha or dunque e ancora una volta portato a riflettere. Non senza una certa dose di umorismo e di autocommiserazione.
Il sesso, ecco ciò di cui l’essere umano ha bisogno. Una questione anoetica, ossia una questione che ha rilasciato i suoi pistilli in zone ancestrali. Vi è una passività del cazzo e della figa. Con questo non voglio dire che a me non piaccia attuare il sesso, più che altro mi disturba l’idea che quel mio godere sia il massimo consentito e bramato dall'uomo. Mi irrita l’idea che non vi possa essere di meglio. Guardo una donna e penso: ma davvero vuoi avere a che fare con questa cosa che pende dalle gambe? Non vi è di meglio che passare il tempo a rigirarsi in bocca quell'insulso salsicciotto? Un salsicciotto la cui esistenza tra l’altro è cadenzata da colpi di tosse a base di sperma. Ribadisco ulteriormente, non detesto il sesso. Detesto forse il modo in cui se ne parla o lo si vive. E detesto anche l’essere il tipo da via di mezzo. Quello che sopraggiunge prima di una relazione a base di gioioso sesso e quello che sopraggiunge dopo una relazione a base di gioioso sesso. Già ho i miei problemi psichiatrici, figurarsi il trovarsi in cotale posizione. Posizione intricata numero uno: mi piace parlare con te ma la mia figa credo che la darò insaziabilmente al tipo che incontrerò in futuro. Posizione intricata numero due: con l’altro tipo scopavamo come se non ci fosse un domani. Ora voglio invece fare le cose per bene e quindi parliamo tantissimo perché mi piace molto parlare con te, finalmente qualcuno che mi ascolta. Preso atto di questo meandrico recinto, vorrei mio caro diario suggerirti un film da me visto. Sì, lo so che generalmente non parlo mai di cinema e che più che altro uso l’arte cinematografica come pretesto per parlare di me stesso e delle mie flatulenze ma non essendo un critico mi pare che possa io fare un po’ come cazzo mi pare. Il film che ho visto si intitola Diario di una teenager, diretto da Marielle Heller. Non farti ingannare dal titolo né dalla locandina. Questo non è un film simpaticissimo e caramelloso sulle varie vicissitudini di una adolescente. Credo si possa dire che è più che altro un film ove il delicato tema della sessualità, del lustro verginale, del profondere innocenza viene immediatamente congedato con un liberatorio Cazzo, finalmente ho scopato! Finalmente un pene nel sottobosco della mia vagina. Or dunque il pene come oggetto di separazione, di dieresi non solo della membrana vaginale ma anche di quella socio-culturale e altresì – o eziandio – parentale. Quando un pene incontra una vagina, le cose iniziano a cambiare.
Il film, dell’esordiente Marielle Heller è una trasposizione della graphic novel semi-autobiografica di Phoebe Gloeckner. La storia è quella della quindicenne Minnie Goetze (Bel Powley), pingue fanciulla che vive nella San Francisco degli anni Settanta in compagnia di mamma (Kristen Wiig), sorella più piccola e gatto. La storia prende il via con l’inserimento in questo grazioso quadretto femminile del nuovo fidanzato di mamma, un bel giovanotto di nome Monroe, interpretato da Alexander Skarsgård, ossia il figlio di Stellan Skarsgård. Attore che noi tutti stimiamo e che, non da tantissimo, aveva preso parte al maestoso Nymph()maniac di Lars von Trier. Ecco un altro aspetto che potrebbe ben rendere l’idea di come il film della Heller non sia un dolcissimo saltellare tra le pagine del diario di una giovane donna: a suo modo,Diario di una teenager non è così distante dall'universo di Nymph()maniac. Con questo non voglio di certo dire che siano la stessa cosa. Nymph()maniac è un filmone micidiale, Diario di una teenager è un piccolo e dignitoso film. Diciamo che sono lontanissimi cugini. Diciamo che a voler organizzare una rassegna cinematografica domestica sul tema “Sessualità? Ma davvero?”, non stonerebbe il mettere i due film nel medesimo cartellone. Diario di una teenager parla di sesso in un modo salutare, normale e quindi crudo, amaro e a tratti triste. Il meraviglioso mondo delle contraddizioni. Il punto centrale è che qui si tolgono via tutte quelle cose atte ad abbellire e si lascia il corpo nudo e crudo. Se il film di Marielle Heller può in qualche modo disturbare è solo perché siamo fin troppo abituati ad altri tipi di film. Siamo troppo abituati ad appioppare all'uomo tutte le pratiche sessuali. L’uomo è quello che scopa e la donna si fa scopare. Il maschio fa il maschio, con il suo diguazzare nella sfera femminile. Sfera femminile che o è oggetto passivo (come in Anomalisa) o è una sorta di oggetto da usare nelle commedie sgangherate. Una donna che invece si assume tutta la responsabilità del suo bisogno di fare sesso può, in cotale contesto, risultare al quanto estraniante. Figurarsi poi una quindicenne come Minnie, la protagonista del film. Una giovane fanciulla alla quale sono sbucate le tette da soli tre anni. Minnie, come le donne fotografate da Ryan McGinley, ha bisogno di sentire il suo corpo. Ha voglia di sentire il suo corpo, ha voglia di un corpo sopra il suo. Non a caso, ad un certo punto sbotta: “Tutti vogliono essere toccati”. Cosa quest’ultima sulla quale io mi permetterei di dissentire giacché io DETESTO essere toccato. Ma io in fondo sono un caso a parte visti i miei problemi di pene di pene. Minnie per sua fortuna non è come me e vuole esplorare e farsi esplorare. L’unico problema in effetti è l’età. Se lei - ancora così giovane - vive l’eco di forme di comunicazione bambinesche, ossia comunicazioni che ostentano sincerità, vive anche la dirompenza di quell'età. E nel suo caso, cotale dirompenza viene liberata sessualmente. E questo costituisce una problematica, soprattutto se di questa esplosione ne fa uso un adulto.
Il tema è delicato e mi son ritrovato a pensarci dopo aver visto il film. Magari ero lì che facevo la cacca o che tagliavo le cipolle e pensavo: ci sono vittime qui? Non l’ho ancora capito. Nel senso che Minnie non subisce, apparentemente, nessuna forma di violenza. Tutto quello che lei fa è tutto quello che lei sceglie di fare. Lei si muove per prima, lei cerca. Il maschio, colui che sovente ragiona con il pisello, si lascia attrarre e non può che cascarci con tutte le palle. Or bene, se l’uomo ragiona con il pisello, una figura femminile come Minnie ragiona con la figa? Troppo semplice sarebbe rispondere sì. Santoddio, le sensazioni e l’esperienza fanno parte delle varie forme della conoscenza anche per Aristotele. Simpatico Aristotele che consiglia vivamente di non inciampare nella conoscenza unicamente per un tornaconto personale, il sapere deve vivere innanzitutto di amore per il sapere. Purtroppo la nostra Minnie sembra ricercare il contatto fisico come mezzo per sentirsi, per esistere. Scopo dunque sono. Ma Minnie ha quindici anni e sta crescendo e quindi si riappacifica con Aristotele in un punto essenziale: il desiderio di liberarsi dall'ignoranza. La voglia di stupirsi, di meravigliarsi. E da qui lo sviluppo del sentimento fondamentale: l’amore. Minnie sì ragiona con la figa ma ha anche delle attenuanti. Il maschio invece ragiona con il cazzo e l’aggravante è che rischia di continuare a farlo per tutta la vita, ignorando. Puoi usare il tuo bel cazzo ma non puoi usare solo il cazzo. Come giustamente annota David Foster Wallace (nella postuma raccolta di saggi Di carne e di nulla), “un’esistenza umana eroticamente ricca esige ostacoli e impedimenti per provare passione”. Scrive David, “non vi è assolutamente nulla di occasionale nel sesso”. Uno dei rischi ai quali va incontro Minnie è proprio questo. L’indebolimento della sessualità, la sua volgarizzazione. L’eccesso di accesso al sesso. Il vederlo come unico e solo strumento di esistenza. Della propria esistenza, del proprio sentirsi accettati nel mondo. Il non vedere e apprezzare le sfaccettature. Gli ostacoli sono necessari, nel mondo sociale e nel sesso. Ignorare questa norma può arrecare cortocircuiti devastanti. L’ostacolo più ragionevole nella vicenda di Minnie è l’adulto. Se l’adulto cede e tira fuori il pisello non appare poi così irragionevole vedere Minnie violata, per quanto lei voglia esserlo. Tuttavia in Diario di una teenager vi è un certo salutare equilibrio. C’è cioè un aspetto fortemente drammatico ma dosato con intelligenza. Come quando litighi con qualcuno al quale sei molto legato e poi, piano piano, nella quotidianità, ricuci le ferite sfumando la collera. Paturnie esistenziali di tutti noi, di tutti me, di tutti voi. Io un tempo cercavo di metabolizzare il tutto strimpellando con la mia docile chitarra. Brani inessenziali e abbastanza imbarazzanti, poi ho distrutto la mia docile chitarra. Al contrario del sottoscritto, forse una delle fortune di Minnie è quella di avere uno – come dire – spirito artistico.
Minnie infatti disegna fumetti e tra i suoi idoli c’è Aline Kominsky; sì colei che ha per marito Robert Crumb, il geniale amante dei culi (passione che condivido) nonché l’autore di Fritz il gatto. “Esiste qualcun altro che pensa al sesso tanto quanto me?”, si interroga Minnie. E la risposta è proprio lei, la fumettista underground Aline Kominsky. Donna che nel 1964 è stata arrestata dopo esser affettuosamente saltata addosso a George Harrison. Minnie, come ribadito, non salta addosso ai Beatles ma agli uomini e lenisce i propri turbamenti concentrandosi sul disegno. Disegni che nel film prendono vita grazie alle mani di Sara Gunnarsdóttir. Caro diario, mi sa che avrei avuto anche io bisogno di una Minnie Goetze quando io stesso avevo quindici anni. O anche una mature nave scuola tipo una matrona alla Jessica Rizzo. Ora forse avrei meno problemi e mi sarei fatto meno problemi, nella vita, relazionandomi all’altro sesso. Invece vivo di castrazione nonché inutile dileggio per chi, al contrario di me, se ne fotte e fotte. Carissimo diario, magari ha anche ragione Massimo Fini quando nel suo Di[zion]ario erotico scrive “È sempre la donna ad uscire vincente dall'amplesso: perché ritrova la propria essenza, che è la natura, laddove l’uomo perde la sua, che è la cultura”, ragion per cui “Se potesse l’uomo farebbe volentieri a meno di scopare, è un dovere, una fatica”. Ma nonostante il mio pene gentile, non credo che – come fa Fini - arriverei a scrivere della fica che “È l’enigma. È brutta, è laida, umidiccia, maleodorante, percorsa nei due sensi da deiezioni. Fa schifo. È un buco slabbrato, un vuoto, un’essenza. Se la donna non l’avesse sarebbe perfetta”. Grazie a Dio non ho mai incontrato una vagina maleodorante, ma anche io ho sempre pensato che fosse brutta. La vagina ha una bruttezza particolare però. Una bruttezza che sovrasta il bello per raggiungere un livello che è estetica emotiva, e non so bene cosa cazzo ho scritto. Apprezzo la figa, la stimo. Ed ho apprezzato Diario di una teenager. Ho apprezzato il suo parlare al femminile senza tralasciare nulla. Il suo non voler essere politicamente scorretto ma semplicemente il voler essere un racconto femminile, a distanza da melliflue menzogne. Nel film, una immagine di Minnie allo specchio riassume al meglio ciò che maldestramente voglio dire: nudo e crudo e felicemente imperfetto. Come l’attrice protagonista, Bel Powley; una di quelle che si possono inserire nel gruppo di coloro da tenere d’occhio. Lei dà in modo assai convincente corpo alla sua Minnie. Oltremodo calzante il vederla calzare le vesti di una sorta di Ofelia di Millais. Galleggiante sul filo dell’acqua. Il meraviglioso mondo dei contatti umani, che fare? Lasciarsi affondare o issarsi oltre?
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